Portogallo

Adoro partire, un po’ meno tornare e ora mi tocca. Rientro nei binari conosciuti, Milano e’ di nuovo il mio orizzonte, due ore ed e’ fatta. Alle mie spalle il mio biondo e riccioluto ragazzo, una settimana assieme dopo un’estate ed un oceano. Io di qua, lui di la’. E’stato bello; familiare in un paese straniero con una lingua che si capisce, ma non si capisce, si parla, ma anche no. Lui e’ rimasto li, io rientro; ma ci siamo dati un appuntamento a fine mese in Sardegna e cosi’ il futuro perde la patina del noto e si riscopre intrigante. Cosa porto a casa dal Portogallo oltre al sorriso di Valerio? I ponti di ferro, l’oceano ed il viso degli uomini coperto da barba e baffi. Il sig. Eifell qui si e’ divertito a rivettare masse di ferro lasciando un’impronta indelebile. Ha fermato la materia in travi , traverse, puntoni, controventi che duellano con la gravita’ in un movimento simmetricamente opposto al moto delle onde del vicino oceano. Queste rimesolano, danno e prendono, levigano e creano in un ciclo infinito; quelli fissano, sostengono e immobilizzano in un punto preciso senza piu’ tempo. Geometria grandiosa di un paese gentile, spontaneo e libero dove ancora si parcheggia ovunque senza creare scandalo e dove gli uomini, non si sa perche’, si celano dietro a barbe e baffi.