Rococò
Ormai era tardo pomeriggio e ancora ne mancava uno… che noia l’ultimo appuntamento della giornata … e poi c’era pure la questione dell’auto che si era rotta e così le sarebbero toccati i mezzi, grazie a dio non in sciopero quel venerdì. Doveva prendere a sinistra come se da Bormio si volesse andare a Santa Caterina Valfurva. Mi spiace, ma ve lo posso spiegare solo in questo modo. Ecco il bus! ….’sta storia di tenere la sinistra non è che la convincesse molto, ma era arrivata fino a lì e adesso doveva semplicemente ballare o meglio, sedersi, tenendo la città alle spalle, l’appuntamento di fronte, il grande bosco fatto di sequoie alte ed affusolate ai lati e la folla di gente così diversa da lei intorno, seduta nel autobus.
La fermata brusca scosse i suoi pensieri, che erano stati molti visto che il bus era arrivato al capolinea. Raccolse le sue cose ed uscì assieme agli ultimi passeggeri.
Ormai all’imbrunire imboccò il sentiero, l’unico che partisse da quella piazza di periferia. Lo prese pensando a come caspita sarebbe poi tornata a casa data l’ora, il luogo e la mancanza di un’auto.
Certo, però, che quel posto era mozzafiato se pur attiguo alla metropoli!
Il sentiero si inoltrava in un bosco di un verde lussureggiante pieno di felci giganti e fusti dalla corteccia sfilacciata color marrone tendente allo splendore della giovinezza così alti da lasciare i raggi di luce colpire le felci sottostanti che le parevano calzini alle loro radici.
Per un lungo tratto camminò da sola immersa a metà nell’abbondanza della natura ed a metà tra i rivoli dei suoi pensieri. Poi con sorpresa si imbatté in tre volti noti che la lunga frequentazione, più che l’affinità di cuore, aveva reso suoi amici. Un incontro dal sapore del sogno, ma che era concreto come i sassi sotto alle sue suole. La prima cosa che pensò al vederli è che uno di loro avrebbe sicuramente avuto una macchina per riportarla a casa una volta concluso l’impegno; perché anche loro, a quanto pareva, stavano andando esattamente dove era diretta lei. Coincidenza anche questa da sogno, ma comunque reale sempre quanto i sassi che continuava a sentire sotto ai piedi attraverso le suole troppo sottili. Così si incamminarono assieme, per tratti parlando, per tratti in solitudine. Lei si trovava un po’ indietro quando il bosco lasciò il posto ad una vallata chiusa da montagne fatte di sasso e non di terra che assomigliavano alle Dolomiti, ma senza le punte, troncate tutte più o meno alla stessa altezza da millenni di vento.
Ombrose e lucenti.
Per quanto fosse stato sorprendente il tragitto e le montagne, essi non erano nulla rispetto a ciò che si trovò di fronte appena girata la testa e fatto il primo passo tra le stradine del paesotto all’imbocco della valle. Un’enorme testa di cavallo scolpita a mezzo busto nella pietra e posta a doccione di un muro possente attirò la sua attenzione. La testa non era sola; il paese pullulava di giganti di pietra che si snodavano dai muri delle case o si ergevano dalle acque delle fontane o dall’erba verde del grande giardino fuori le mura. A guardare bene c’erano più statue che cristiani in quella vallata.
I suoi occhi non avevano mai visto nulla simile a quel luogo dal sapore fresco e gentile nella pietra e nella carne.
La parola Rococò le riempì la mente, ci pensò un attimo e si disse: “Sono finita nel Rococò!” e poi ancora: “Beh non capita spesso, tanto vale farci un giro ….”
Dimentica dell’appuntamento iniziò a vagare seguendo ciò che attirava il suo occhio come un pedone si muove sulla scacchiera obbligato dalla mano del giocatore. Una cattedrale senza vetrate, alta, dalle mille nervature ed aperta sui quattro lati dove il verde dei giardini circostanti pareva sostituirne le murature perimetrali faceva da sfondo al paese. Poi, oltre, un’infinità di fontane abitate da giganti umani ed equini che nascondevano la pesantezza del marmo tra le eleganti pieghe di drappi e forme.
Camminò godendosi il paesaggio come mai aveva fatto in vita sua finché le luci del tramonto furono sostituite delle fiaccole perché in quel luogo, a quanto pareva, non c’era corrente elettrica, ma solo fuoco.
Per tutta la serata aveva ammirato la fissità, se pur leggera, di quel mondo di marmi e pietre incoronato dalle montagne e non si aspettava certo altro dalla nottata, ma si sbagliava. Non appena il fuoco delle torce si stabilì e rese la notte chiazzata di chiaro, un leggero movimento da una fontana attirò nuovamente la sua attenzione. Una forma umana si era staccata da una statua dando fiato e carne alla pietra e dopo di lei un’altra ed un’altra fintanto che la notte si animò di vita. Suoni, rumori di zoccoli, balli e canzoni resero dimentica la dura eleganza dei marmi padroni del giorno.
Il buio aveva ingentilito la luce.
Uno spettacolo raffinato e quasi onirico prese vita in mezzo agli abitanti del luogo.
Su quel palcoscenico ove l’immobilità andava a braccetto con l’eleganza e la delicatezza dei gesti, un secolo passato si stava srotolando intorno a lei. Si sedette sull’erba e guardò. Poi fu mattino.