Il fazzoletto in borsetta
Frugando nella borsetta cercava il fazzoletto di cotone. Trovato, lo estrasse tirandolo da un angolo e le pieghe della stoffa si disposero a mostrarle la R ricamata a blu sul fondo azzurro. Il fazzoletto le riportò alla mente gli asciugamani che da anni giacevano intonsi, nelle loro confezioni trasparenti, sul ripiano del suo armadio anch’essi con le R all’insù. È allora che lei decise. “Voglio sposare un uomo che inizi con la R”. Lo pensò continuando a guardare il fazzoletto, ma con negli occhi gli asciugamani che giacevano là sul ripiano dal giorno dopo il matrimonio, quando lei, sposina, ve li aveva riposti come contrassegno della radiosa quotidianità che si sarebbe concretizzata da lì all’eternità. Il cotone antico, la spugna pregiata ed i ricami non li rendevano adatti all’uso quotidiano, ma erano perfetta rappresentazione del gesto sacro che ognuno di loro aveva donato all’altro. Nella mente di lei anche il set di pentole azzurre, che provenivano dall’Inghilterra e che teneva nell’armadio della sala, erano la rappresentazione della nuova vita sacra, ma essendo pentole comuni, un giorno, decise di usarle ed esse così passarono allo scaffale della cucina ed oggi erano ancora lì logorate dall’uso quotidiano. Insieme alle pentole negli anni si logorò anche il matrimonio fino a sciogliersi; il tempo passò e così gli asciugamani vennero dimenticati, mentre le pentole, senza più alcun significato, continuarono ad essere usate.
All’improvviso, quel giorno, mettendo le mani in borsetta, sentì l’esigenza di dare un senso a quegli asciugamani. Decise di recuperare ciò che impregnava le salviette dimenticate anni prima. Le venne voglia di sporcare il futuro di passato. Il suo, non certo il loro. Ecco il pensiero di tornare alla R. Voleva un legame con quel punto tanto potente da entrare negli asciugamani. Voleva solo questo. Il resto non era più necessario.
È incredibile cosa le donne a volte trovino nello loro borsette.
Nella sua aveva rincontrato il senso di loro, un sentimento oggi scremato da qualsiasi riferimento umano, ma ancorato nel suo corpo tanto da pungere ancora molte delle sue scelte.
Non so se è una cosa di specie o solo una sua caratteristica, fatto è che questa urgenza era là intatta nella sua borsa e ora era finita nuovamente tra le sue dita.
Lei la estrasse, senza un apparente motivo.
Non conosceva nessun uomo il cui nome iniziasse con la R. No, non era vero, in realtà ne conosceva parecchi, ma nessuno era da R stampata su fazzoletti ed asciugamani, nessuno le ispirava un senso plurale; pensandoci nessuno le ispirava nulla.
“Questa sì che è un’incrinatura della mia vita” pensò.
Così, nel tempo di una mano in borsetta optò per la tabula rasa, fece pulizia scopando via tutti gli uomini che le avevano occupato il pensiero in quel tempo; o forse più che occupato sarebbe opportuno dire: “erroneamente asservito”.
Strinse la R nelle mani e si soffiò il naso.
È così che lei smise di dare il fianco alle storie da poco; a quegli uomini che chiedevano, ma nulla volevano dare, o peggio a quegli uomini che manco chiedevano; alle loro parole piccole e alle loro situazioni ordinarie.
Voleva la R sugli asciugamani.
È così che si placò.
Aveva avuto modo di rigirarsela tra le mani a lungo la R in quegli anni, ormai ne conosceva ogni singolo punto cucito. Non desiderava più fare incontri piccoli, lei la R l’aveva in borsetta, se le fosse capitato di incontrarla di nuovo nel mondo, l’avrebbe sicuramente riconosciuta e quindi sposata. Altro non esisteva.
Si risoffiò il naso e andò a far compere.