Bologna la rossa

Capita il Venerdì di trovarsi a scegliere. Dal cappello, questa volta, e’ sgattaiolata fuori Bologna la rossa. Così un salto sul treno e uhala’ ecco il padrone del b&b che mi omaggia di un Chianti mentre i suoi due piccoli bimbi si appropriano del pavimento sotto di noi. E’ una visita leggera la mia; voglio spizzicare la città non farla mia. Così lascio tutto ciò che pesa ed esco sotto la pioggia. Non prendo l’ombrello perché’ Bologna è la signora dei portici. Io questo già lo so! Camminando mi viene d’istinto l’aprire uno sportello del gas. Da architetto, quando il mio occhio vede qualcosa che non è come dovrebbe, mi incuriosisco; quello sportello era troppo in alto; lo apro per guardarci dentro e non posso credere a ciò che vedo! Dentro c’è Venezia; non un immagine, c’è proprio uno dei suoi canali. Bologna, la rossa, ha una finestra privata su Venezia, l’umida. E lo sportello del gas è il suo teletrasporto. Ma non rimango a lungo a Venezia, una strizzata d’occhio, qualche passo bagnato e sono davanti a Nettuno. La statua è stata voluta dal vice delegato pontificio per onorare il papa quando l’architettura stava lasciando la classicità per passare al manierismo. Il delegato voleva fare bella figura così fece chiamare uno scultore fiammingo che era un omone vichingo. Lui realizzò una statua dalle sue personali proporzioni perché sapeva di essere bello e forte e dotato. Tutto quel bendidio nordico infastidì il delegato che giudicava tale umana dote al di fuori del timor divino e allora fece rifare la statua allo scultore senza compenso quale punizione per avere in abbondanza ciò che a lui mancava. Lo scultore dovette rifare Nettuno e questa volta gli diede dimensioni cattoliche. Ma lui era un’artista e sapeva cogliere i punti di vista ed usarli per dire la sua. Il delegato per un anno intero andò fierissimo della sua statua finche’ un giorno, passandole dietro, alzò gli occhi al cielo per guardare il divino, ma ciò che vide non era la potenza di Dio. Scandalizzato radunò la città e fece l’editto: da allora, ed ancor oggi, le suore sono obbligate ad attraversare tal piazza tenendo lo sguardo fisso sul pavimento. Io l’ho attraversata due volte; una guardando in cielo, l’altra con l’occhio fisso a terra ad onorare le due anime che mi rendono donna. Un’ultima cosa ho voluto fare: andare a guardare un giudizio universale che assieme alle ultime cene ed alle maternità sono i temi a me più cari della pittura antica. Lì ho ammirato Maometto, unico profeta nominato, mandato dritto all’inferno. Ho chiuso questa giornata improvvisata bevendo il mio rosso Chianti nella stanza sotto alla torre degli Asinelli, poi la notte, ma questa e’ una storia privata.