Sbagliando si impara

Valerio, Greg, Francesco, Alessia, Riccardo, Giulia; eccoli schierati in partenza. Ognuno ha appena sfiorato il nostro gommone in una processione di barche singole per le ultime parole tra atleta ed allenatore . Ora sono loro, soli, davanti al campo di regata, agli avversari e a sua maestà il Tivano, che oggi e’ sopraggiunto scortato dalla sua corte di temporali. Le pettorine blu Osa dei ragazzi si stagliano in questo anfiteatro fatto di acqua e monti e cielo grigio. Un minuto. Valerio e Alessia si posizionano, barca ferma, in quello spettacolo di piccoli gesti sapienti a incastrare i loro Bug nel moto sospeso della partenza. Un attimo infinito di stallo prima di imbrogliare il vento nel movimento degli scafi. Loro sono poesia. Perfetti nel passare la linea; primo e seconda. La squadra Osa gli si compatta dietro; tutti agguerritissimi perché hanno studiato a tavolino le rotazioni del vento e si sentono forti, invincibili nella loro sicurezza teorica e pratica. Ogni movimento dei ragazzi racconta di un pensiero pensato. Eccola in acqua la sicurezza unita all’entusiasmo e alla spavalderia adolescenziale. Che spettacolo! Tutti uniti nella scelta del più esperto; ognuno affidato all’esperienza dell’altro per correre assieme alla conquista del podio. A loro serve solo questo; non hanno bisogno di guardare altro e non vedono altro. Sono nel flusso del vento ruotato, pensano di giocare una partita ormai nota. Come e’ bella la vita! Come e’ innocente l’adolescenza! Come è forte la certezza! Riccardo, l’allenatore, dal gommone, guarda il loro medesimo vento e sa che questa non e’ una rotazione. Il vento oggi danza in piccole oscillazioni di direzione e in grossi sbalzi di pressione. Al suo occhio di uomo esperto nulla è sfuggito e lui sa che la squadra Osa sta correndo dritta nella sconfitta con l’entusiasmo di chi ha la certezza in tasca! Cronometra quattro minuti di bordo piatto, mentre gli avversari dall’altra parte del campo risalgono il vento e girano la boa. Chissà che shock per i nostri atleti deve essere stata la vista della realtà alla prima virata. Ultimo, penultimo, terzultimo, quartultimo, quintultimo e sestultimo. Tagliano l’arrivo increduli e silenziosi. Il vento gli ha mostrato che certezze e scelte non sempre ti fanno trovare là dove pensi di essere. Lezione disorientante per degli adolescenti che si stanno mangiando la vita. E’ Riccardo, l’allenatore, che sapientemente tira i fili della regata e rimette in pista i suoi atleti. Lui sa che dopo averne fatto esperienza per loro sarà facile capire e fare proprio. Riccardo deve insegnare ai ragazzi ad uscire da sé ed imparare a guardare. Gli deve insegnare a sentire il campo di regata. Non si regata di certezze; si regata di sensazioni in risposta a situazioni, sempre diverse, che vento, acqua e boe creano nel campo. Che regalo per questi ragazzi che è arrivato dal vento Tivano di temporale. Riccardo sa che è venuto il momento di presentare alla squadra l’oscillazione del vento; evento raro sul nostro lago, ma non per questo impossibile, accompagnata da sua sorella la raffica, fenomeno naturale al vento di nord e per tal cagione noto ai ragazzi nella conduzione dell’imbarcazione, ma ancora straniero per loro in terreno di strategia di regata. Così io imparo assieme alla squadra che il vento può non ruotare, ma semplicemente oscillare e se una rotazione la si cavalca e la si fa propria, un’oscillazione la si scarta virandole in faccia primi fra tutti. Sono sensi e ragione che ti allertano se una rotazione in realtà è solo l’inizio dell’oscillazione. Devi divenire quel flusso per vincere, non basta dominarlo con parole e tecnica. Riccardo si ferma qui; raffiche e strategia di regata sarebbero troppo assieme a vento che ruota oppure oscilla. Ma i ragazzi hanno capito che molto altro farà di loro dei veri campioni e che il primo passo è iniziare a guardare coi sensi e con la ragione prima di lanciarsi nella certezza dell’azione. A me rimane la bellissima immagine della loro spensierata fiducia nelle convinzioni del mondo bambino che il vento Tivano di temporale ha, in un sol colpo, soffiato altrove. Sei pettorine blu Osa che, compatte, conquistano il fondo del lago, mentre la regata accade.

Un tranquillo Lunedì di regate

Come si fa a rimanere concentrati quando in giro per l’Italia ci sono gli Osa People a regatare?
Io sono seduta alla mia scrivania, ma il mio whattsup starnutisce in continuazione. Gli Osa Laser People sono impegnati a Dongo, i ragazzi dell’Osa Bug Team invece a Livorno: le condizioni meteo non delle migliori, così non si parte. Poi la capitaneria da l’ok, i Race in acqua e contemporaneamente anche i Laser sul lago hanno il loro “go” e il mio whattsup letteralmente impazzisce. Io tifo per tutti, perché li guardo allenarsi e soprattutto perché li vedo rientrare in terra ferma con quei sorrisi appiccicati dall’acqua dolce sul viso che la fatica non riesce a sporcare. Ognuno di loro ha, così, ricevuto un sonoro bacio di buona fortuna da Mamma Orza, ma Mamma Orza oggi ha in acqua, a Livorno, il suo cucciolo, solo, perché anche Riccardo, l’allenatore, ha lasciato fischietto e berretto ed ha indossato la muta. E’ tra i laseristi per diventare campione. La squadra Bug è affidata a Giuseppe e Angelo, i due papà tuttofare, ma in acqua i ragazzi son soli. A loro tutte le decisioni di tattica e strategia. Ieri Valerio è stato bravo un primo e un quarto, ma anche Mirna di Caldè è stata brava, un quarto e un primo; per le regole della vela sono primi pari merito, ma la vittoria andrebbe a Mirna se la chiudessimo qui, perché ha fatto meglio nell’ultima regata. So quanto Valerio ci tenga ad avere la possibilità di ribaltare il risultato ed ora può farlo perchè l’Intelligenza è stata ammainata. Mamma Orza lo sente determinato e concentrato, ma è pur sempre il suo cucciolo e lei va in tensione così lontana da lui; da mamma vorrebbe una vittoria per quella testa bionda. Così freme alla sua scrivania, per tutti, ma soprattutto per lui. Si deve distrarre per non influenzare con pensieri vibranti la concentrazione ed il divertimento della loro regata e così vi racconta dell’ultimo allenamento Laser quello prima della regata, per placcare la mente e regalare a suo figlio la libertà di fare quello che vuole.
Chi non è pratico di vela non sa quanto faticoso sia andare in Laser, ma è uno sforzo fisico non da poco ed i sei laseristi in allenamento erano arrivati fino alle scogliere di Piona dove la squadra Bug stava regatando, i grandi a tifare dall’acqua per i piccoli! Una lunga poppa con onda al giardinetto. A regata conclusa, Riccardo da il fischio di allenamento per le bianche vele e i laser si raggruppano tutti sotto alla scogliera. L’ordine è: “ partenza a coniglio e poi virate libere nello specchio d’acqua tra la montagna e il gommone. Circa quindici metri dove i sei laser devono navigare assieme. Ma Riccardo restringe il campo man mano che i laser risalgono finchè diventa una virata continua per evitare di schiantarsi o di uscire dal campo di allenamento. I più giovani resistono finchè possono, ma il vento sotto costa è forte, c’è onda, sono numerosi e loro sono ancora leggerini per queste vele, così, più volte, li ho visti saltare come gatti, oltre la falchetta, sulla deriva per evitare la scuffia … finchè non ne hanno avuto più … l’unico che non molla è Lodo, lui, un passato sui 29er, un fisico nel pieno della potenza, una tecnica invidiabile, porta a termine l’esercizio, ma appena i due fischi annunciano la fine della fatica si sdraia sul suo laser che diventa un giaciglio ove riprendere fiato e forze. Lodo è sfinito! Un attimo di riposo per tutti. Il mio whattsup ha ristarnutato, il vento a Livorno è calato, fanno anche una seconda prova, ancora non ci sono risultati. I sei laseristi pensano di rientrare dopo questo esercizio, perché ora li aspetta un’ora e mezza di bolina potente con onda in prua, ma Riccardo fischia di nuovo e chiama la Poppa con orzate e poggiate. Ci mettiamo attaccati alla poppa di ogni singolo laser che deve orzare o poggiare al fischio. Serve per imparare a fare la S e diventare dei treni in questa andatura; così uno a uno i ragazzi eseguono e io li vedo cazzare, lascare, appiattire, inclinare in una danza la cui armonia è solo un loro segreto. In gommone raccogliamo gli spruzzi della loro fatica che imbizzarrisce le acque. Di nuovo doppio fischio, l’allenatore ora li lascia rientrare, noi con il gommone torniamo a festeggiare l’Osa Bug Team, ci rivedremo tutti a cena davanti a pollo e patate cucinate da Martino. Ancora nulla dalle regate. Vado a fare la spesa, star ferma mi è impossibile… Whattsup ha starnutito di nuovo: ci sono nuove! Una regata magica: primo Enrico, secondo Valerio, terza Alessia, quarto Gregorio, Sesto Francesco …l’osa team è tutto qui! Bravi ragazzi … ora la seconda prova… io esco, non reggo!…ancora uno starnuto … ecco la classifica a fine regate…. Valerio è primo! Enrico terzo! Alessia quinta, Gregorio sesto con un ocs, Francesco nono. Grande squadra Osa! Ora non ci resta che attendere i risultati dei Laser, ma Mamma Orza nel profondo del suo cuore è più che felice per il risultato del suo Valerio, una vittoria nazionale che sempre rimarrà dentro di lui. Sei stato grande cucciolo!

La nuova stagione della squadra agonistica Bug

Sabato la nostra squadra agonistica Bug è tornata in regata. Ve la presento Enrico, Valerio, Gregorio, Alessia, Francesco, Riccardo, Rocco, Stella, Giulia. Ecco l’Osa Team Bug.
Renato, Marco e William, per capacità acquisite ed età raggiunta, sono passati ad un’altra avventura: l’Osa Team Laser. Entrano nel mondo adulto da campioni. Perché loro è il titolo, nazionale e zonale dell’universo Bug. Buon Vento ragazzi!
Ma torniamo ai nostri nani.
Enrico,Valerio, Gregorio, Alessia, Francesco sono esperti, per loro una nuova stagione di regate con alle spalle il proficuo lavoro dell’anno scorso. Li conoscete già, più volte hanno sporcato d’inchiostro queste pagine bianche con le loro avventure e conquiste. Ora è tempo di presentarvi i nuovi atleti. Giulia, ballerina di fisico, già danza la sua canzone sulle onde del lago; Stella, ormai per noi Stellina, si è conquistata il suo posto nell’universo e nei nostri cuori; Riccardo, ragazzino silenzioso che sotto alla frangia alla Capitan Harlock nasconde una mente capace di molto e Rocco il più piccolo, quaranta chili di sorriso, la pelle che si scotta anche al chiaro di Luna e la rara capacità di ricordare qualsiasi cosa gli venga spiegata anche a distanza di un anno.
Non ci sarebbe squadra se non ci fosse lago e sabato il Lago di Como ha lisciato le sue acque per lasciare che il lungo traino arrivasse velocemente sulle rive di Dongo; l’Osa scafo ha solcato quell’olio nel silenzio della mattina con nove barche al seguito e una ciurma ridente di ragazzini tutti in pettorina blu, perché sui petti abbiamo voluto portare le acque.
Sbarcati a Dongo, armate le barche, dopo qualche adempimento burocratico sono tutti di nuovo in acqua, ma il vento furfante è latitante, l’aria si scalda come in una giornata d’agosto ed i ragazzi sono tutti in tenuta invernale, non ci rimane altro che lasciar uscire la loro anima bambina ed il gommone diviene un tutt’uno con nove prue e nove poppe, una grande chiatta piatta che si trasforma in rampa di lancio per stratosferici tuffi, scherzi e battute. Ma qualcosa si muove, il vento si è svegliato con il mal di testa per il troppo calore e fa fatica ad entrare, le boe vengono comunque posate. I ragazzi scattano come molle sui loro bug, sulle loro facce vedi svanire la spensieratezza, le espressioni dei visi sono ora quelle di agonisti pronti a darsi battaglia. Ogni parte del corpo si allerta e i loro gesti diventano tecnici. Girano come mosche in attesa dei cinque minuti. Bandiera su. Riccardo, l’allenatore, ha un minuto per ascoltare le indicazioni dei ragazzi più grandi e poi chiamare la partenza definitiva. L’ordine ai grandi e’; “In comitato”. Ai nuovi, alla loro prima regata, dice:” voi partite dalla parte opposta alla calca”. Poi un ultimo occhio all’orizzonte; il vento è pigro, ancora tutto accoccolato nel suo tepore di letto, non vuole stirarsi. La regata parte, ma i grandi soffrono con questo vento a singhiozzi. All’arrivo si vede una pettorina blu è Riccardo, alla sua prima regata, che vince. Grande Riccardo hai stampato un ricordo indelebile nel tuo passato! Il vento si fa serio, si è decisamente svegliato e stirato! Richy, l’allenatore ricomincia il giro, ogni atleta prima della partenza ha un momento in esclusiva con l’allenatore; ad ognuno è chiesto qualcosa, ognuno ha il suo obbiettivo, a fianco all’obbiettivo comune di vincere. Richy chiama il Pin, la Breva ha ruotato. Si parte. Con questo vento si fa sentire l’esperienza. Valerio piazza una partenza perfetta, spettacolare e domina la regata dando mezzo lago al secondo. Anche l’ufficiale di regata viene a congratularsi con l’allenatore per i suoi ragazzi. Riccardo aspetta al traguardo ogni suo atleta; e di nuovo c’è un momento esclusivo per ognuno di loro dove pregi ed errori vengono elencati mentre le onde dondolano il lago. È l’ora della terza prova. Riccardo ascolta i ragazzi e poi conferma la tattica. La Breva è birichina, lei gira ancora più a sinistra. I campioncini si accaparrano ancora il Pin. Di nuovo Valerio parte alla grande e di nuovo chiude primo con una distanza abissale dal secondo. La giornata si chiude per riaprirsi Domenica. La Breva va a nanna tardi, ma riposa bene la notte, perché si presenta presto al mattino ed è già signora del luoghi. Tutti in acqua, oggi non si cincischia, ecco il suono dei cinque minuti, poi i quattro, Riccardo si zittisce; è vietato parlare. Un minuto. I ragazzi si schierano, ai venti secondi sono come cavalli imbizzarriti tenuti ai box, ai dieci cazzano e partono solcando le onde di questa bolina matura. Riccardo ha chiamato la partenza in Comitato, ma poi subito a sinistra perché il vento sta dando segnali di rotazione, i ragazzi devono guardare le ochette ed il tono più scuro del blu prima ancora di sentire la prua ruotare. Oggi è la giornata di Gregorio che pare di colpo padrone del campo dopo che stamattina Riccardo, a secco sulla lavagna usando i barchini a calamita, gli ha di nuovo spiegato come reagire alle rotazioni del vento. Chiuderà con due primi. Gregorio e Valerio, A e B, oppure 1 e 2, come li chiamiamo noi. Sempre insieme, fratelli anche nei risultati. La regata se la accaparrerà Gregorio per un punto, dopo un duello al traverso, di quelli all’ultimo sangue e degno di moto g.p., tra Valerio e Henry. Grande Gregorio! Ora lasciatemi raccontare di Giulia, la ballerina dell’acqua. Piazza un secondo dietro a Gregorio, di quelli indimenticabili, così perfetta nei movimenti, così elegante, così bella da guardare. Le chiediamo cosa ha pensato, lei dice: “ho seguito Valerio perché è bravo, ma poi ho visto che andava lungo così ho virato. Ecco l’atleta che pensa e agisce. Riccardino è quarto, silenzioso e preciso. Non posso non raccontare di Rocco, lui gareggia tra i piccoli, con la vela a penna tagliata. È l’ultimo giro di boa, da poppa deve strambare e poi orzare al traverso per l’ultimo stacchetto. Qualcosa va storto e scuffia, sbattendo la testa contro il boma. Richy si allerta, ma lascia all’atleta il tempo di reagire; incredibile, Rocco gira la barca alla velocità di un respiro, riesce a recuperarsi in velocità il cappellino che sta galleggiando e si lancia sull’avversario per riguadagnare la posizione perduta. Poi taglia il traguardo! È la sua prima regata, non sa come reagirà l’allenatore alla scuffia e lo guarda titubante, ma Riccardo è orgoglioso della sua reazione all’errore, e lo festeggia perché ha piazzato un bellissimo quinto posto. Rocco illumina il lago con il suo sorriso solare e rompe la Breva con la sua grassa risata, poi si lancia nel suo racconto della regata, quando di poppa ha superato un suo avversario. A fatica gli controlliamo che la testa sia intatta perché lui è così felice che non si ricorda nemmeno più della bomata che ha appena preso e non riesce a star fermo. Lasciamo la Breva regina per tornare a terra dove una pastasciuttata aspetta tutti gli atleti. Poi, a sera, il lago si lascerà fendere nuovamente dall’ Osa scafo, quando il gommone riporterà barche ed atleti in base a Dervio con un traino che a guardarlo dall’alto sembra un serpente sazio e silente.

Porto e motore

C’è un tipo d’uomo che fa razza a sé anche in questo mondo ugualitario. E’ l’uomo del porto. La sua presenza è confermata da un certo qual disordine nelle dinette dei cabinati ormeggiati che spesso allunga i suoi tentacoli ai pozzetti e alle tughe. Un disordine capace di durare mesi e mesi; normalmente da Maggio ad Ottobre. Sì perché questo è il periodo della manutenzione che per l’uomo del porto è sinonimo al periodo dell’accoppiamento per gli animali. Lui non lascia mai l’amata, ma ci armeggia sopra in questa danza amorosa che è la sua manutenzione. Tutto viene smontato, pulito e rimontato. L’amata è così rivoltata da capo a coda senza mai lasciare l’approdo. Fondamentale affinchè la manutenzione porti i suoi frutti è che l’amata non molli mai gli ormeggi accada ciò che accada. Orbene questo tipo d’uomo ha la capacità di scomparire nella pancia della barca a tal punto che il porto pare deserto anche quando in realtà è affollatissimo. Questo tipo d’uomo abita il porto ritirandosi dal resto della propria vita non si sa se perché abbia vita brutta oppure carattere marinaio. Accade di incontrare gli individui di questa razza da Sabrina, normalmente al calar del sole, quando hanno l’abitudine di riunirsi a bere un calice di rosso e raccontarsi le imprese del giorno sotto coperta. E’ un mondo maschile fatto di pelli cotte dal sole e carni consumate dal tempo, ove di femminile c’è solo il nome delle imbarcazioni. Sono abili marinai che hanno perso interesse per l’immensità e preferiscono il mondo chiuso dal fasciame dell’opera morta intervallato da pause al sapore di calice rosso barbera in terra ferma. E una razza nascosta al mondo. Lei era di tutta altra pasta. Cittadina per nascita, sbarazzina per crescita, zuccona per segno, anni prima aveva preso la patente nautica senza avere idea di come si portasse una barca a motore, un esame tra molti altri. Poiché era bellina e soprattutto giovane, l’ufficiale della marina aveva chiuso la prova con queste parole: “ Signorina, io la promuovo, ma lei mi deve promettere che mai uscirà sola su una barca a motore”. Lei pensò: “Vorrei vedere te gestire l’effetto evolutivo dell’elica senza aver mai toccato un timone prima e per di più sotto esame”, però rispose: “ Prometto.” Quel fatto divertente da raccontare, però lasciò un profondo segno nel suo animo e lei per anni mai osò rendersi indipendente, lasciando ad altri la responsabilità delle manovre, profondamente infastidita con se stessa per questa debolezza di carattere. Per anni fino a quel giorno. Quel sabato di inizio stagione, a porto disabitato, lei saltò sulla sua barca, accese il motore, organizzò le cime di ormeggio per riuscire nella manovra di ritorno, si portò la trappa a poppa e, una volta pronta, lasciò gli ormeggi ed uscì, sola, dal porto. Si fece un giro per capire come il motore reagiva all’onda e al vento che soffiava da nord. Poi rientrò in porto, ma in manovra sbagliò a calcolare la spinta del vento e la potenza del motore e la barca si abbatté sulle trappe e le ci volle sangue freddo per uscire dalle trappe e dalle prue delle imbarcazioni ormeggiate. Uscì di nuovo e ripeté la manovra, questa volta la manovra riuscì, ma entrando nel posto barca ancora il vento la spinse sul natante a fianco. “Ancora” si disse. Uscì di nuovo e rientrò, questa volta ormeggio perfetto. Fissò una cima di poppa per non far spostare troppo lo scafo, recuperò la trappa, raddrizzò la barca che un poco si era abbattuta perché il posto a fianco era vuoto, e fissò la trappa, poi con calma mise a nanna la barca ultimando l’ormeggio. Saltando sul pontile aveva un sorriso che partiva dal viso, ma arrivava dritto all’orgoglio. Fu allora che pensò: “Meno male che il porto è vuoto, ché la flipperata tra prue e trappe non è stata proprio elegante.” Ma aveva dimenticato l’uomo del porto, invisibile, ma sempre presente. Non più tardi di due ore il gruppo dei manutentori fece capolino sulla banchina e l’approcciò: “Ehi capitano, non pensavamo ce la facessi, sei stata brava prima, vieni a bere con noi?” Come dire di no! L’uomo del porto le aveva aperto la porta. Alzò il boccale nel brindisi che sanciva il suo ingresso tra quella razza randagia, ma il suo occhio viaggiò lungo nel tempo fino a quel giorno in un altro porto e lì fece l’occhiolino al militare che non aveva creduto in lei. Poi trangugiò il vino come si addice a un uomo di porto.

Storie di Orza Minore Scuola di Vela: Una Domenica d’inverno.

Che gioia tornare sul lago. Le acque dormono sotto la calda coperta di neve che copre le brulle cime, mentre gli alberi nudi avvolgono il liquido blu come lenzuola irrigidite dall’amido profumato dei lavaggi a casa di nonna quando eravamo bambini. E’ profumo di sole pallido e velato. E’ profumo d’inverno; delicatissimo e candito; assolutamente fermo; ancora non pronto a trasformarsi nelle spensierate fluttuazioni delle fragranze primaverili. Il clima incornicia questa natura bagnata abbracciandola con il suo freddo non rigido, ma pungente abbastanza da destare i sensi fissi. In questa atmosfera di inverno lacuale Orza Minore si sveglia al nuovo anno. Cinque sono le imbarcazioni che per prime salutano le acque increspate dal vento di nord. Filano tranquille tra le piccole ochette uniche macchie di colore nell’aria monotono. In acqua c’è il corso istruttori che affianca a perizia tecnica perizia didattica per far nascere nuove capacità necessarie per trasferire il sapere. E’ un lavoro intensivo che continua dentro alla precoce notte invernale. Scaldati dal camino della nostra base, i futuri istruttori ascoltano l’orgasmica voce di Lorenzino che sminuzza il gesto del virare e dello strambare in infinite piccole azioni e restituisce un mondo di piacere a chi ha per trasporto il timonare. In barca amore e passione sono infettivi; e’ per tal ragione che gli istruttori si espongono in questo modo al piacere parlato di Lorenzino. Mentre il corso istruttori fa proprio lo spazio tra le due boe gialle con risalite a vele bianche e discese sotto spi, altre tre imbarcazioni si godono il lago addormentato solo per puro divertimento. Oggi e’ giornata di Veleggiata! Non ci sono istruttori e allevi, ci sono equipaggi che solcano il lago per puro riposo, senza obblighi se non l’orario del ristorante sull’altra sponda del lago che tiene pronta polenta e latte per scaldare i naviganti all’attracco. Il piacere di portare la barca e’ affiancato al piacere di scaldare il corpo con un succulento pranzo bagnato da vino e chiacchiere ed e’, anche, affiancato al piacere di essere immersi in questa natura spoglia, ma potente. Torneranno stasera in base, sicuramente rosei per l’aria invernale e per la gioia della giornata spesa tra sport e divertimento. Voi pensate che le attività di Orza Minore siano concluse qua? No, il profumo d’inverno sta accompagnando tre giovani agonisti che ormai troppo cresciuti per il loro bug, sono alle prese coi nuovi laser. In un’altra parte del lago loro stanno affinando le tecniche per non finire nelle gelide acque e per trasformare ogni piccolo gesto in velocità’ . Riccardo l’allenatore e’ in acqua con loro per condividere assieme gioie e dolori, ma noi sappiamo che sono giovani e forti e non sarà certo il freddo di questo Febbraio a fermare il loro entusiasmo e la loro voglia. Sappiamo anche che domani, con le gambe sotto ai banchi di scuola, lasceranno tornare la mente ad oggi per ripassare, mimando coi corpi, i movimenti che stanno divenendo meccanici. Siate indulgenti insegnati, la loro persona sta solo correndo dietro alla passione per la perfezione del gesto. In Orza Minore, infatti, si insegna ad esprimere i propri talenti. Saranno futuri istruttori, semplici amatori o perfetti agonisti.

La poppa

Ascoltare le onde richiede un occhio fino, un sedere sensibile e una mano d’artista. Le orecchie non servono a nulla e possono riposare davanti alle acque increspate a meno che non si vogliano usare le onde per suscitare in se stessi il pensiero romantico di un ricordo che ancora punge e si rifiuta di passare all’oblio, ma questa e’ un’altra storia. Occhio, sedere e mano hanno invece il potere di tenerti legato al momento e di farti scivolare nel profondo piacere di sentire quella piccola accelerata in discesa dall’onda. Non e’ possibile non amare questo istante di vita fatto di vento in poppa e di immenso nella mente. Allora guardi le spalle dell’ amico impegnato alle scotte e pensi che forse anche lui e’ entrato in quell’attimo di felicità profonda lavorando di braccia. Non glielo chiedi perché’ momenti così non hanno spazi per le parole. Essi ti impongono solo di tornare a guardare il movimento delle onde, sentire l’attimo in cui il sedere si alza e rispondere con un leggero movimento di mano che va verso e contro le onde. Onda dopo onda a sentire la bellezza della vita. Questo e’ il ritmo della completezza. Questo e’ il ritmo della felicità. Basta una discesa sotto spi!

I campus estivi

Ora che la scuola è iniziata ed il tempo si è ormai guastato, io voglio raccontarvi qualcosa che parli ancora d’estate. Voglio farsi sentire di nuovo quella particolare energia che nasce dal fare sotto al sole che scotta la pelle. Allora vi parlo della perla che poggia nel cuore di Orza Minore: il campus estivo. La squadra agonistica è la punta di diamante della base, un anello bellissimo che la scuola di vela ti mostra quando ti porge la mano; brilla di entusiasmo e capacità. I corsi per adulti sono le sue maniglie dell’amore dove ognuno di noi si attacca saldo per divertirsi, imparare e degustare momenti speciali, ma le settimane stanziali per i ragazzi presso la base sul lago, a scuola chiusa, sono la sua perla nel cuore. Orza Minore li considera il fulcro della propria attività perché lì ripone qualcosa che va ben oltre l’insegnare la vela. Ai bambini ed ai ragazzi viene offerto un luogo per crescere di una settimana mettendosi alla prova rispetto a capacità tecniche, ma, soprattutto, a valori umani, oggi spesso dimenticati, primo fra tutti diventare un gruppo a terra ed un equipaggio, o una squadra, in acqua. Istruttori formati presso la federazione italiana vela si preoccupano degli insegnamenti in acqua; giochi ed esercizi che in una settimana fanno sentire ogni singolo ragazzo più abile e parte di qualcosa che va oltre se stesso. Sono i loro occhi a raccontarlo al mondo perché il lunedì parlano di insicurezza, ma il sabato dopo esprimono solo grande soddisfazione. Non tutti si innamorano di questo sport, ma tutti tornano a casa fieri di ciò che personalmente sono riusciti a fare litigando col vento. Nei momenti di vita a terra i ragazzi sono affidati alle educatrici, ma gli istruttori di vela continuano a stare nel gruppo così che ogni bimbo può scegliersi il proprio riferimento adulto tra più persone. Normalmente venti ragazzi ogni settimana gestiti da tre, quattro istruttori di vela, uno o due aiuti, spesso ragazzi dell’agonistica, e da un educatrice coadiuvata da due o tre ragazze a seconda. Chiudono la squadra la cuoca Daniela ed il personale delle pulizie Paola e Angela. Cosa fanno i ragazzi a terra? Imparano a vivere assieme! Il cellulare viene loro ritirato e restituito un’ora alla sera per poter chiamare a casa. Il tempo lo passano impegnati in giochi, sì perché in Orza Minore si gioca assieme, oppure in piccole mansioni loro affidate per rendere più semplice a tutti la vita comunitaria. Sono le comandate cui i ragazzi, divisi per stanza, partecipano a turno. C’è la comandata per preparare la colazione per tutti … allestire venticinque posti e rifornirli di biscotti, nutella, kellogs marmellate e pane è un lavoro; c’è quella che si occupa di apparecchiare la sera e la più fastidiosa di tutte: il lavaggio di piatti e stoviglie del dopo cena. Ognuno a turno nel giro di una settimana compie questi servizi per gli altri (e qualche biscaro anche più di una volta alla settimana )… Potreste pensare che per loro sia pesante, ma in realtà il clima è sempre festoso e rilassato. Alla mattina dopo colazione ci si mette in costume e si va verso calavele dove sono alloggiate le mute, ma non prima che l’istruttore Matteo abbia verificato la temperatura dell’aria. Se è ancora freddo si torna in camera a mettersi addosso qualcosa di più consistente. Poi i ragazzi armano le barche e divisi in gruppetti, chi sul muretto, chi sul pietrone, quello delle confidenze serali, chi sui tavoli esterni, chi davanti al camino, fanno lezione teorica. Pranzo al sacco e via in acqua. Dove fermarsi a mangiare lo decidono gli istruttori, a volte una spiaggia, a volte le barche stesse messe vicine, a volte la base. Poi ancora tutti in acqua a confrontarsi col vento. Tornati a terra è l’ora della merenda e dei giochi. Il più gettonato è cambiare l’orografia del fiume di fianco con spostamenti di macigni, sabbia e detriti. Se la casa è Orza Minore, il fiume è Oasi Minore. Poi c’è il pallone, la pallacanestro e la pallavolo oltre che la libertà di fare ciò che si vuole. È tempo di docce, crema doposole e burro cacao; tutti sono così pronti per apparecchiare e cenare. Daniela, la cuoca, serve il primo piatto e poi saluta avendo finito le sue incombenze, è l’animatrice a servire il secondo. Si mangia tutti assieme ragazzi e adulti. Finita la cena è ancora tempo di libertà prima del coprifuoco serale. Quello che mi colpisce è l’attenzione che i ragazzi sviluppano uno nei confronti dell’altro ed è per questo che dico che imparano a essere gruppo. Ricordo un ragazzo sui quindici anni, un gigante, portarsi appollaiato su una spalla come un pappagallo un piccolo bimbo di sette anni solo per mostrargli il mondo dall’alto. Assieme hanno anche fatto canestro. Ho visto un ragazzino di dieci anni raccattare da terra un suo coetaneo ipovedente che era inciampato nei propri passi e scrollargli la polvere di dosso, un gesto rapido e gentile e poi via di nuovo assieme a giocare al pallone. Ho assistito a conversazioni fantastiche tra un dodicenne ed un ragazzo più grande affetto da autismo che assieme stavano diventando invisibili, poi ho visto lo stesso ragazzino dodicenne accompagnare il suo amico, non così fortunato, a comprarsi un gelato da Sabrina ed assicurarsi che tornasse in Orza Minore senza rischiare di perdersi lungo il cammino. Non sono gesti scontati, ma lo diventano quando si impara cosa sia un equipaggio o una squadra. Questo apprendono i ragazzi di Orza Minore in acqua e sulla terra ferma. Ecco perché i campus estivi sono la perla nel cuore di Orza Minore, essi, oltre a far vivere la vela, insegnano a collaborare assieme ed a prendersi cura l’un l’altro oltre che a divertirsi con ciò che c’è. Se ci pensate bene questo è l’ingrediente che rende vitale la società. Per quanto complessa essa sia si basa su un principio semplice che si impara da ragazzi in un corso di vela diventando equipaggio.

Magia

Magia e’ arrivata portata dal soffio di un uomo. I doni soffiati sono regali alquanto speciali perché trasportati da parole che vagano libere senza intenzione. Così Magia e’ un regalo per caso e per questo raro. E’ arrivata accompagnata da gentilezza e sensualità, poi loro si sono perse per strada, ma Magia e’ rimasta perché possiede carattere ed e’ nata libera. Noi due ci siamo scelte un giorno di vento. Siamo una lo specchio dell’altra. A lei non piace stare imbrigliata e se la soffochi e’ capace di spegnersi. Non sopporta i carichi eccessivi e se una persona e’ di troppo la sgroppa impuntandosi. Non concede nulla all’eccesso ed e’ veloce con poca tela. Adora i tagli particolari e non possiede elementi canonici. Tiene l’assetto facendo da se’ perché’ lei sa portare se stessa. Risponde al tuo tocco spiegandoti cosa vuole o cosa non vuole e quando le piace lei vibra spingendoti nel suo piacere. Non si fa condurre come le altre, lei vuole da te l’opposto dell’ovvio. E’ stabile e se necessario sa stringere da far paura per raggiungere il suo obbiettivo. Non si perde in farfalle solo perché l’annoiano, lei preferisce le andature portanti per dare il meglio di se’. Scivola leggera e silenziosa nella sua gentilezza. Si uniforma alla mano esperta solo se lei decide che sì, ma risponde sempre ai miei desideri perché mi ha guardato negli occhi e le sono piaciuta. A me lei regala tutta se stessa perche’ le piace sentirsi chiamare: “Tatina”. Non so perché, ma so che e’. Lei e’ la mia Magia.

Gli Orza Sei

Dovete sapere che Orza Minore ha tre anime: l’elemento naturale che prende il nome di Tivano o Breva ed e’ primadonna, così si fa spesso aspettare. L’elemento umano, un insieme variopinto di personalità capace di creare un ambiente dinamico e rilassante, fucina di corsi, regate, cene, feste e pensate varie; un gruppo di amici che si mischia con chi vuole avvicinarsi alla vela e fa nascere nuove realtà…..Poi ci sono loro! Ve le presento: Morgana, Maga Magò, Circe, Medea, Finnicella, Kali’, Nannie, Babayaga, Ariel, Margolfa e Mago Merlino. Ognuna ha il suo carattere anche se portano la stessa divisa. Rossa e’ la parte che s’infila nell’acqua e bianca quella che fende l’aria. Hanno poi un tocco di verde che appare nelle poppe veloci e poi scompare quando gli scafi s’inclinano. E’ la flottiglia di maghi e streghe pronta a fare magie per rendere le uscite sul lago incantate. Morgana fa trabocchetti e crea miraggi spostando il vento di qui e di la’. E’ la fata adorata dagli agonisti perché’ nei suoi trucchetti si nasconde la velocità. Maga Mago’ e’ regina dei duelli con lei gli ingaggi sono sempre spettacolari. C’e’ un unico giovane cavaliere di nome Renato che in Orza Minore sa come rompere i suoi ingaggi e poi vincere, proprio come il germe uccide il drago. Circe, “dai riccioli belli, dea tremenda con voce umana”. Ti concede amore, ma vuole tutto da te e ti ingabbia in sogni perenni di venti perfetti; se non l’assecondi lei ti porta in strapoggia senza che tu lo sappia. Medea, sorella di Circe e’ la maga astuta; astuzia e caratteraccio fanno di lei perfetta alleata nelle regate, per farti vincere lei sacrificherebbe anche i suoi figli. Nessuno di Orza Minore le chiede tanto, ma tutti apprezzano tattiche e strategie che lei ti permette. E’ la più amata dai principianti perché se non lo sai fare tu, lo sa fare lei. Finnicella strega capace di ardere al rogo e poi rivivere, ti fa attraversare sicuro ogni tempesta. E’ per gente audace che poi sempre scopre, navigando con lei, quanto sia divertente e fidata la vita anche nei momenti di calma. Kali’, la grande madre, completa creazione e preservazione con la distruzione; e’ la preferita delle donne mature che sanno il valore del lasciar andare. Per questo e’ la più veloce e quando al timone c’è mano di donna e’ imbattibile. Nannie e’ la tata di ogni bimbo Orza Minore, fare la traina con lei e’ uno spasso; una volta l’ho vista abbattersi per far scendere in acqua dolcemente uno dei nani. Babayaga, la mia preferita, strega che pretende tutto l’intuito che hai; ti mette alla prova e aspetta; vuole vedere se lo sai nutrire ascoltandolo. Con lei si diventa adulti e velisti oppure ci si perde nelle proprie paure. Ariel, spirito dell’aria e figlia del Mare adora accompagnarsi ai baldi giovani in grado di farle cambiare natura, così, in acqua te la ritrovi impacciata nelle virate e strambate e subito dopo elegante e filante nei cambi di direzione. E’ molto dolce e pertanto perfetta come nave scuola, ma si sa che l’acqua e’ il suo elemento. Margolfa e’ un donnone alto che vive per scovare i tuoi errori. Con lei si fanno i corsi di autonomia perché poi, in acqua, diventi responsabile della vita degli altri e non ti e’ più dato sbagliare. Mago Merlino il piu’ potente dei maghi in quanto chiaroveggente. Lui porta la flottiglia in modo esemplare. La tavola rotonda, cioè barca ferma con poppa in cerchio, poi, al via, partenza con virate e strambate al bisogno ed ancora barca ferma a due lunghezze sempre concentriche e’ la sua mossa preferita. Tutti noi l’eseguiamo ad occhi chiusi ormai tanto ci fidiamo di lui. Con Merlino alla guida anche la vela può essere sincronizzata. Giochi a parte e’ l’imbarcazione sulla quale i cinque membri del cda vanno quando devono pensare e decidere. Eccovi presentata la flottiglia degli Orza Sei che quotidianamente, con venti deboli e forti, ci permette di diventare un tutt’uno con la natura che ci circonda e con la più profonda e nascosta parte di noi. Attraverso la loro magia che solca il lago, tu puoi tornate a terra avendo conosciuto il vero te stesso. Io, ve lo confesso, le adoro tutte e undici!

La giornata di Ferragosto.

Ci sono due giorni del anno particolari: capo d’anno e capo d’anno d’estate. Sono speciali perché segnano il passo al tempo che va. Anche Orza Minore ha onorato la festa del capo d’estate. I corsi sono scesi in acqua prestissimo sia per sfruttare il Tivanello d’Agosto sia per dar spazio ai festeggiamenti. A mezzogiorno i ragazzi dei corsi hanno attraversato il lago per partecipare alla festa del maialino e cibarsi di ogni sua parte. Poi al pomeriggio di nuovo a provare virate e abbattute. Mentre la base era vuota di gente, il nostro chef Roberto, dai mille profumi, preparava le basi per la grande festa aiutato da Ale. In serata, lasciati i mille impegni ferragostani la gente Orza Minore si e’ riunita in cucina e si e’ messa alle dipendenze del grande chef. Ora voi dovete sapere che la cucina di Orza Minore e’ un posto speciale dove ognuno partecipa alla preparazione di cene e feste mettendo il proprio ingrediente così che i cibi hanno poi il sapore di tutti. Ma nelle giornate ufficiali si segue lo chef. Crudite’ di pesce marinato su piatto di insalata ai frutti di bosco; riso venere alle verdure e tranci di tonno al lime, paprica e sesamo che si scioglie in bocca. Vin santo, gelato e Cantelli, più piatti speciali per gli intolleranti. Una cena elegante e leggera da consumare con i tavoli a quadrato per potersi guardare in faccia. Dovete sapere che in acqua i velisti si sentono a pelle, a volte si aiutano con le parole, ma normalmente ognuno reagisce al vento per il proprio ruolo e l’equipaggio lavora sincronizzato sulle sue rotazioni o oscillazioni. Ma a terra la gente Orza Minore si guarda direttamente negli occhi per creare atmosfere. Ecco spiegata la formazione a quadrato. Finita la cena ancora la festa deve entrare nel vivo. Al cenno del capo base le gonne e gli abiti spariscono e appare l’abbigliamento tecnico con giubbotti , cerate e scarpe. Si va alle barche. E’ un uscita notturna che traferisce l’allegria in mezzo al lago dove ci aspettano le Lucie addobbate come se fosse Natale. La serata e’ stellata che a stare col naso all’insù ti fa sognare di mondi lontani e amori proibiti. Il lago e’ silente e tranquillo fintanto che non si illumina di fuochi gemelli sparati dalle due sponde. Gli Orza 6 stanno nel mezzo di questo duplice spettacolo sincrono che illumina il lago ed oscura le stelle. La gente Orza Minore semplicemente guarda il lago incantato e tace sospendendo il respiro. Ai tre botti di fine spettacolo torna alla base con ancora appoggiata ai capelli la pioggia di colori appena caduta sul lago. Ferragosto in Orza Minore e’ stata una festa vissuta coi sensi e molto poco parlata.