Emergenza sanitaria ed etica politica

Vi racconto tre giorni di vita della repubblica Italiana che passeranno sicuramente dimenticati da tutti nel lungo flusso della storia, ma a me personalmente fanno pensare, molto pensare.

24 aprile 2020 mia sorella Scilla compie cinquant’anni. Né famiglia, né amici la possono fisicamente festeggiare. Così come nessuno ha potuto festeggiare gli 80 anni di mia madre, i miei 52 anni, e i 18 di mia nipote AnnaSofia.

25 Aprile 2020 Festa della Liberazione, cioè della Libertà, il presidente della Repubblica Mattarella sale e scende totalmente solo, con la mascherina sulla faccia, l’Altare della Pace. È una solitudine da deserto, non c’è altra presenza umana. Guardandolo mi chiedo, ma perché ha su la mascherina? È solo, non c’è bisogno di mascherina, non esiste un problema di distanziamento sociale ed è una cerimonia di stato ufficiale.

Quindi la mascherina è simbolo. Cosa vuole dire lo stato agli Italiani?

26 Aprile 2020 Conte, di nuovo per Dpcm, cioè senza discussione e approvazione parlamentare, in nome della lotta alla pandemia da Covid 19 nella annunciata fase due conferma pressoché tutte le limitazioni alla libertà personale, senza ancora indicare alcuna data al ripristino del diritto civile alla libertà di movimento ed azione e calendarizza la ripresa del diritto al lavoro, anch’esso sancito dalla costituzione, secondo un ordine dato dalle task forces di esperti che lo consigliano in questa emergenza.

Dato lo stabilizzarsi della curva dei contagi sotto al famoso coefficiente di sicurezza tutti si aspettavano l’inizio di una fase 2 di con-vivenza con il virus, ma questo non è quello che raccontano le parole di Conte.

Allora torno a chiedermi: “Cosa vuole dire lo stato agli Italiani?”

 

Questi sono stati i tre giorni della nostra storia tra pubblico e privato.

 

Ed ora questi i miei pensieri:

Emergenza significa dover far fronte ad una situazione non prevista nei confronti della quale i mezzi a disposizione sono inadeguati o non ci sono. Nel momento in cui ci si dà un’organizzazione di pensiero e di mezzi l’emergenza cessa di esistere e si passa alla gestione di una situazione, unica, che fa paura, anomala, pericolosa, preoccupante, quello che si vuole…

Il ruolo di chi detiene la capacità di decisione io ritengo debba essere questo: trasformare un’emergenza in uno stato governato.

Quando l’oggetto dell’emergenza è una malattia mortale e senza cura non è facile, perché oltre all’aspetto della malattia esiste la paura. La paura è più potente della malattia e non è una forza oggettiva come invece è un virus.

 

L’umanità, però, ha esperienza quotidiana con malattie sconosciute, terrificanti e, in percentuale medio alta, senza scampo. Allora tento una similitudine.

 

Il cancro al seno colpisce una donna su otto, non è infettivo, ma infetta una percentuale altissima della popolazione perché là dove ci sono otto donne assieme, per esempio dal parrucchiere, una di esse o è malata o sicuramente nel corso della sua vita si ammalerà.

Qui non c’è virus esterno, ma una cellula del nostro corpo che si incattivisce, inizia a moltiplicarsi senza sosta e colonizza gli organi interni fino a impedire il loro funzionamento e la persona muore.

Essendo un problema cellulare non è epidemico, non ha cioè vita limitata nel tempo che per un virus significa qualche mese, ma fintanto che il cancro non sarà debellato da un vaccino continuerà a fare vittime.

La differenza sta nell’evidenza dello stato emergenziale, covid 19 è sotto gli occhi di tutti, ognuno si sente vulnerabile, non c’è cura e la malattia sta causando grande difficoltà ai medici non tanto per come è fatto il virus, ma solo per la totale inadeguatezza di risposta delle strutture ospedaliere che spesso significa aumento della mortalità.

Il cancro al seno, non è sotto agli occhi di tutti perché finché non ti viene è cosa lontana da te, pertanto è chiuso nei reparti oncologici, nessuno si sente vulnerabile, anche’esso non ha cura ed è causa di grande difficoltà per i medici che si traduce in lunghissime liste di attesa per le terapie e trattamento spesso disumanizzato da parte dei medici subissati dall’alto numero quotidiano di pazienti da trattare per l’inadeguatezza di risposta delle strutture ospedaliere che spesso significa, anche qui, aumento della mortalità.

Se allarghiamo il significato di contagio a quello di propagazione credo che il parallelismo si possa fare; entrambi infatti hanno in comune: causa ignota, percentuali di guarigione simili e forse più alti per covid che per il cancro al seno, gestione emergenziale, paura della morte.

 

Quando devi combattere una malattia incurabile, quale il cancro, due sono le azioni richieste ai soggetti. La cronicizzazione e la normalizzazione.

La cronicizzazione è la riposta medica; se con le terapie, dato che non è al momento possibile l’estirpazione totale della malattia, si riesce a renderla innocua o meglio a farla convivere con l’organismo ammalato, la morte è, per un lasso di tempo non dato, scongiurata ed esiste possibilità di vita.

La normalizzazione è la risposta etica alla malattia; se io riesco a rendere normale (normalizzare) la mia vita di malato cronico, cioè rendo la malattia un aspetto della mia persona, ma non l’unico aspetto, esorcizzo il senso di impotenza e immobilismo dovuto alla paura della morte e torna spazio per una possibilità di vita nella mia vita.

 

Cronicizzazione e normalizzazione esorcizzando la paura spostano l’obbiettivo dall’idea di sopravvivenza all’idea di qualità di vita finché c’è vita e questa è una grande conquista per la persona malata.

 

Ora sposto il discorso alla pandemia in corso ed alle decisioni dello Stato.

 

Dal punto di vista del governo, la società nella sua complessità è il malato aggredito dalla malattia.

La cronicizzazione di covid 19 avviene in due modi; da una parte attraverso la creazione di strutture ospedaliere o di gestione della malattia sul territorio adeguate alla portata della malattia e dall’altra attraverso la chiara comunicazione di comportamenti sociali che impediscano il contagio quali il distanziamento sociale, l’uso dei sistemi di protezione individuale, nuove regole di igienizzazione dei luoghi di vita sociale e via dicendo.

La normalizzazione si ottiene rendendo la vita del malato, cioè della società, il più abituale possibile, questo significa il più simile possibile a come era prima della malattia.

Queste due cose insieme sono la più forte medicina contro la paura e verso la possibilità di nuova vita che in termini di società significano ordine sociale e auto mantenimento cioè sopravvivenza economica di tutti.

 

Ma torniamo ai miei tre giorni di storia d’Italia.

 

Giorno 1:

Scilla non sai come avrei voluto, con mascherina sulla faccia e standoti a due metri di distanza poter comunque festeggiare con te i tuoi 50 anni, il giro di boa che trasforma la giovinezza in sapienza, la frenesia in pacata lentezza, la voglia in appagamento.

 

Giorno 2:

Mattarella con la mascherina sulla faccia, tutto solo sull’Altare della Pace ha forse voluto significare un’idea di normalizzazione, no non credo! Vi sarebbe salito senza mascherina dato che non c’era alcuna possibilità di contagio là su quell’Altare nella sua solitudine desertica ma altamente simbolica.

Ha però passato l’idea di emergenza ad oggi ancora incontrollata; l’idea che ci si deve ancora difendere da qualcosa di sconosciuto del quale nulla si sa; ha urlato agli italiani che le istituzioni ancora hanno obbligo di limitare e imporre perché non in grado di gestire.

Ha alimentato la paura sociale della malattia, dell’ignoto, della morte, passando attraverso la rassicurante immagine della mascherina indossata.

E mi chiedo: “Ma non ci ha pensato oppure è stato voluto?”

 

Giorno 3:

Dopo averci significato attraverso il Capo della Stato con immagini che parlavano da sole di quanto ancora fossimo in piena emergenza Covid, nel momento in cui era stata preannunciata una fase due di convivenza con il virus, cioè di normalizzazione, cioè ancora di vita il più abituale possibile, ciò non avviene, ma anzi avviene il contrario, per lo meno attraverso le parole del Presidente del Consiglio. Tutto è mantenuto come prima, la fase due non comporta la libertà della persona.

Ma la curva scende ed il coefficiente del contagio è sotto la soglia di emergenza altrimenti non si sarebbe potuto parlare di fase due.

Qualcosa non mi torna, ma ciò che mi torna è che lo Stato, a parole, mi ha detto di non essere in grado di cronicizzare la malattia.

Eppure nuovi ospedali sono stati realizzati, la sanità ha retto l’impennata di contagi e ormai sono a tutti note le misure personali, stabilite dai virologi, per contrastare il contagio. Se esci per Milano, infatti, tutti indossano le mascherine, fanno file ordinate nel rispetto delle distanze, se ci si incontra uno dei due cambia marciapiede o fa qualche passo in strada oltre le macchine parcheggiate e, se serve parlarsi, si sta a molto più di un metro.

Le parole di Conte, inoltre, mi hanno anche detto che lo Stato non è in grado di normalizzare la malattia infatti al mantenimento della paura per il contagio ancora in essere, le parole di Presidente hanno, in primis, aggiunto la paura della punizione sociale, rendendo la libertà personale, che la normalizzazione doveva ristabilire come segno di normalità, un illecito anche in questa fase; ed, in secundis, aumentato ulteriormente la paura collettiva per la personale sopravvivenza di ognuno rendendo la possibilità di riapertura della propria attività lavorativa un privilegio e non un diritto.

Conte si è chiaramente presentato come un Ente controllante, ma non certo cronicizzante e normalizzante.

Io mi chiedo allora, lo Stato non è in grado veramente di cronicizzare e normalizzare la malattia oppure la situazione è funzionale a qualche altra finalità? A quale potenza sta pensando il potere, qual è la sua Gloria? … per rubare le parole Mauro Magatti.

 

Io da un organismo decisionale, preposto al governo dello Stato nella fase due mi sarei aspettata il ripristino dei diritti civili sospesi nell’estrema emergenza, libertà personali e diritto al lavoro, ma ciò non è avvenuto; mi pare, invece, che sia avvenuto il suo ribaltamento: mantenimento dell’emergenza e della paura collettiva per poter protrarre la sospensione dei diritti civili.

Torno a chiedermi: Perché ciò è avvenuto? Qual è il disegno del Presidente del Consiglio? Qual è il ruolo del parlamento in tutto questo?

Qual è la scadenza temporale per cui la sospensione dei diritti civili passa da essere prerogativa del potere esecutivo per gestire un’emergenza ad abuso di potere di un’oligarchia sulla collettività?

Dov’è il punto di non ritorno che dovrebbe far insorgere il parlamento e la piazza?

 

Io al momento ho solo sensazioni.

 

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