Roma caput mundi o forse solo capoccia 1
Roma caput mundi o forse solo capoccia, ma sempre e comunque eterna.
Potrei raccontarvi dell’appartamento prenotato da mesi con cura, amore e attenzione, ma sfasciato dai precedenti clienti e non disponibile al mio arrivo. Potrei raccontarvi di sessanta euro piazzatemi in mano per un taxi che mi portasse chissà dove in una città sconosciuta. Potrei raccontarvi del taxista che aspettava i clienti scesi per pranzare (… solo a Roma si lascia un taxi ad aspettarti mangiare…), ma che mi prenota lui in persona un secondo taxi, dato che non mi può portare là chissà dove. Potrei raccontarvi del secondo taxista che si trasforma in divertentissimo cicerone…ora in Roma io so pure identificare dove sono nati i suoi figli, al pari del luogo che ha scaldato Dante tanti anni fa. Potrei raccontarvi che qui io sono straniera dato che nessuno mi rivolge la parola nella mia lingua natale.
Ma io vi racconto del mio grande amore; li’ avrei voluto sposarmi ed ora sicuramente vorrei esser sepolta.
Il Phanteon!
Per erigerlo dovevi essere fornito di dodici Dei e un Imperatore altrimenti era vietato, ma loro li avevano dodici dei ed avevano pure l’imperatore, così lo costruirono senza pensarci su tanto. Una sfera divina e bucata, inserita in un cerchio perfetto, che solo Giotto poi e’ stato in grado di riprodurre. Però, se lo vedi da fuori, tutto questo non esiste. Li’ c’e’ solo un cilindro in mattoni; ma non ti confondere tu che guardi: dentro nasconde calcestruzzo non armato, il primo della storia, mischiato a strati sempre piu’ leggeri di materiale colloborante. Poi c’e’ un pronao a otto immense colonne di marmo dagli imponenti capitelli corinzi che sorreggono un tettuccio di legno timido timido che non sa mica tanto il perche’ sta li’!
Poi ci sei tu, piccolo essere umano a tempo che comprendi perfettamente il povero tetto.
Il Phanteon e’ imponente, ma non ti fa sentir piccolo. Pare leggero, ma ti fa provare tutto il peso della storia. E’ un equilibrio di forze statiche che rimbalzano contro la tua vulnerabilità dinamica. E’ radicato al suolo ed insieme aperto al cielo in un continuum che mostra a chiunque lo viva le proprie infinite interruzioni. E’ un luogo compiuto e non riesci a non toccarlo. Così l’ho toccato e mi sono compiuta pur io esattamente come il timido tetto lassu’. Allora ho avuto bisogno di luce bianca e sono andata a sedermi alla fontana di Trevi, ma il tetto, tranquilli, e’ rimasto dov’era. Qui Oceano mi ha accolto tra cavallo agitato e cavallo placido per festeggiare con lui l’acquedotto di Roma magistra. Cosi’ la sferica perfezione di masse di calcestruzzo antico ha ceduto un poco di spazio alle zampillanti forme barocche e ritorte di una fontana bianca che non si accontenta di stare al suo posto e per conseguenza a sentirsi eterna e capoccia e’ stata la mia persona.
Poi mi e’ venuta fame ed allora ho cenato a cicoria assieme a Botero.