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Lui e Lei amici

Erano stati amanti tempo addietro, poi lui era scivolato via dalla vita di lei come usano fare oggi gli uomini moderni. Il loro era stato un rapporto molto poco fisico, ma alquanto virtuale. A lui piaceva intrattenersi con lei attraverso una quantità quasi infinta di messaggi scritti dentro al telefono. Lei per un poco ci si era divertita, ma poi aveva iniziato ad essere insofferente di quel rapporto tutto giocato su frasette, ma totalmente arido di carezze. La situazione si risolse nel giro di qualche mese quando lui divenne muto e con lui il telefono di lei. Lei però si infastidì. Era vero che da donna non stava dentro a quel rapporto pensato, ma non vissuto, però le bruciava lo stesso il fatto di essere stata messa da parte senza nemmeno un: “ciao, è stato bello”. Così lei, un giorno, si mangiò lui con un feroce messaggio. Lui si negò ancora di più e poi ognuno si dimenticò dell’altro permettendo alla propria vita di tornare ad essere il solito susseguirsi di atti conosciuti. Passò un anno o forse due e, per coincidenze della destino, tornarono ad incontrarsi. Questa volta lei se lo mangiò di persona, lui, però, invece di farsi digerire da lei, si impunto e volle chiarirsi. Così a lei toccò smettere di masticarlo, lo dovette sputare e fu forzata a guardarlo in faccia. Avrebbe potuto degluttirselo e digerirselo, ma qualcosa nel comportamento di lui le prese il cuore e fermò il suo fastidio. Per la prima volta in vita loro si parlarono in persona. Forse fu il fatto che oltre ad amarsi, dormirono insieme oppure semplicemente che erano due persone buone ed intelligenti; fatto è che, col tempo, scoprirono di avere attenzione l’uno per l’altra. Piccoli gesti che si ficcavano nei loro cuori e nelle loro menti lasciando un’impronta pesante. Certo, tutto era semplificato perché a nessuno dei due passò per la mente di tornare ad amare l’altro e questo, nel mondo di oggi, rende più facili i rapporti tra sessi. Sì perché il mondo adulto con il cambio di millennio è tornato bambino, circa sui dieci anni, quando ci si fidanza e non ci si guarda né parla più e per tornare a parlarsi e giocare assieme bisogna ufficialmente sfidanzarsi. Loro due si sfidanzarono pronunciando frasi di rito. Lui le disse: “sono senza palle”; lei gli disse: “ti ho sovrascritto”. Da quel momento divennero intimi regalandosi la libertà di parlarsi. L’intimità li rese amici e l’amicizia li portò a volersi bene. Iniziarono ad essere presenti nella vita reciproca, quella reale. Per la prima volta si accarezzarono davvero. Inventarono pure un nuovo gioco; gli altri, guardandoli giocare, dissero: “giocano a uomo e donna”.

A Simona

Partorendo al mondo una figlia, hai preso un corpo senza dare vita.
Ora, girata di schiena, costruisci barriere tra le esistenze scambiando la tua umanità per divino.
Ancora, affamata, pretendi ciò che la vita ha già dimostrato impossibile pensando te stessa migliore.
Quietati donna, quietati!
Metti i tuoi piedi leggeri nel fango dei tuoi passi e assapora il freddo della terra morta.
Permetti al tuo corpo di ferirsi delle spine nate dal tuo roseto e annusa il profumo della rosa in boccio.
Tocca la mano che ti insozza la vita e lascia che ti mostri la vera natura.
Quietati donna, quietati e forse nascerai madre.

Laura

Aveva trent’anni, o poco più, o poco meno. A guardarla però sembrava una ragazzina. Era entusiasmo, era azione, era sorriso. Faceva un lavoro così. Il suo pensiero, quando capitava di dover prestare aiuto in giorni dove il tempo era tanto cupo da spegnere anche la più profonda speranza, le faceva dire: “Meglio, se mi ammalo domani non dovrò lavorare!” Lei non aveva ancora venduto l’anima alla sua professione. La sua giovane età era riempita da innumerevoli distrazioni che la impegnavano in un, direi, frenetico, giringirare con l’intento di occuparsi di ogni diversivo le fosse proposto per nutrire la sua voglia di vivere. Il suo corpo non era dotato di forme perfette, ma possedeva il sole dentro, così ogni essere umano amava fermarsi vicino a lei per scaldarsi. Possedeva il fascino delle curve giovani ancora non impreziosito dalla sensualità della maturità e lei lo usava inconsciamente, come fanno le giovani donne che ancora devono scoprire la propria infinta potenza. Era amata per il suo sole e per il suo corpo. Ragazza normale eppure rara. C’era qualcosa in lei cui non era facile dare un nome, ma lei pareva totalmente inconsapevole di ciò, così non era possibile capire cosa fosse. Era una giovane donna ancora ragazza, una tra tante che riempiono le nostre strade.
Una sera la vidi ferma davanti ad un bar con il suo gin tonic in mano avvicinarsi alla band che suonava. Con i suoi modi gentili disse qualcosa all’orecchio del musicista che annuì con la testa; la band le fece spazio tra gli strumenti, lei appoggiò il gin tonic che sostituì in mano con un microfono, poi chiuse gli occhi. Piccoli istanti per creare silenzio dentro di sé e dentro ogni singola persona fosse in quel bar. Gli strumenti attaccarono, lei aprì gli occhi e la sua voce iniziò a riempire lo spazio intorno e riempito quello passò a colmare ogni singola cassa toracica per poi inondare ogni singolo cuore. Una voce nata perfetta, rotonda ed avvolgente, capace di scaldare le corde di chiunque e trascinarle in un mondo di emozioni da far tremar le gambe e obbligare a sedersi inchiodati a quei suoni. Lei, cantando, sapeva spingere una folla dentro nella musica e da lì portarla poi ad ascoltare il proprio respiro sincronizzato su note pronunciate con potenza divina. Su quel palco improvvisato era sparita la giovane donna ancora ragazza, quella tra tante che riempiono le nostre strade ed era emersa la signora della musica, donna rara nel mondo umano che col solo suono della propria voce incanta e porta ogni essere umano a godere per qualche istante della perfezione di sé dentro alla musica. Così quella notte ha dato un nome a ciò che sfuggiva. Lei era la musica che accompagna ognuno nel proprio viaggio. Per questo era amata.

Attrazione

Lui era giovane, lei non così giovane. Quasi due lustri li dividevano. A cena lui prese la mano di lei e le disse: “Sei proprio una bella persona”, lei sorridendo gli rispose: “allora vivimi…” e’ così che si avvicinarono, anche se, in realtà, la chimica aveva già scritto il loro immediato futuro. Gironzolando per il borgo, lungo quella stradina diroccata, proprio dove c’è il lampione giallo, lui la baciò. Fu uno dei baci più lunghi che lei avesse mai ricevuto, forse fin troppo lungo perché’ lei, ad un certo punto, si scoprì a pensare quanto molesta fosse la luce del lampione negli occhi. Le venne voglia di girarsi per tornare a concentrarsi sul bacio di lui, ma era in bilico su quei ciottoli che litigavano con i suoi tacchi, così non si mosse per non far ruzzolare entrambi nel vuoto e passò il resto del bacio, che proprio non voleva finire, ad amare lui e odiare il lampione giallo. La serata lasciò il posto alla notte. Una notte rara, perché raro fu l’incontro di quei due corpi estranei. In queste occasioni possono avvenire diversi tipi di scambi amorosi; quello tragico dove entrambi pensano; “ ma dove mi sono cacciato”; oppure quello unipersonale dove uno vede le stelle e l’altro non vede l’ora di andare. Poi c’è quello monorgasmico dove e’ bello per entrambi, ma poi bisogna essere dei chiacchieroni per riempire il tempo che avanza. C’è quello pluriorgasmico che assomiglia al precedente, ma ha la proporzione dei tempi al contrario ed il livello di piacere leggermente più alto ed, in ultimo, c’è l’ amore che rapisce. Questo trascina lei in uno stato continuo d’orgasmo, dove ciò che cambia e’ l’intensità del momento così, alla vista, possono sembrare multiple conclusioni, ma, in realtà, e’ solo una notte che sale e scende dentro allo stesso piacere che mai si interrompe. Lui, creatore del godimento continuo di lei, si perde ed arriva a sentire cosa significhi estasi. Quando questo accade si finisce la notte dormendo abbracciati. Loro al mattino si svegliarono sentendo l’uno l’abbraccio dell’altra. Che fare? Le loro menti si erano sganciate dodici ore prima, ma ora tornavano fredde a lavorare. Lui decise: che sì, ma che no. Lei decise: vediamo. Continuarono a incontrarsi per un poco, poi lui iniziò a negarsi finche’, un giorno, sgattaiolò via senza dirle nemmeno una parola, un pochettino come fanno i ladri quando se ne vanno alla chetichella con il bottino; lei continuò semplicemente a guardare.
Quel magico incontro di una notte finì, tempo dopo i fatti descritti, con le seguenti frasi su whattsup: lei: “non mi piace quando le persone spariscono senza degnarsi di dirti qualcosa e salutarti” lui: “ non mi piace come si e’ evoluta la situazione. Tutto qui.” Lei: “ Nemmeno a me. Tutto qui.” Lui: ”mi dispiace.”
Lei poi pensò: “uomini….non ce ne e’ uno con le palle….” Lui invece pensò: “ donne….che due coglioni….”
….questo e’ il sesso ai tempi nostri…
Allora a me viene in mente D’Annunzio che cento anni fa amava le donne e poi ci creava romanzi.

Passione

Questa e’ la storia di un sentimento che non doveva diventare esperienza per non essere consumato e perso. Aveva visto troppe volte se stessa sporcata da mani inadatte che avevano preso i suoi più intimi impulsi appiattendoli in gabbie mentali a lei estranee. Ed era stanca. Sapeva, per pratica, che trasformando in realtà le proprie passioni sarebbe stata rosicchiava fino a essere resa sterile di vita. Così decise un fare diverso. Passava in macchina su quella strada da anni quando, un giorno, la sua attenzione fu attirata da un uomo che le sorrise fermo nel senso contrario. Lei per gentilezza rispose al sorriso alzando lo sguardo fin nei suoi occhi e sentì, in un istante, tutto ciò che sarebbe stato. Lo contemplò, godendo di quel colloquio viscerale che in un momento secondo era nato tra loro. Rispondeva al dialogo parlato senza badare troppo alle parole pronunciate di lui perché i suoi sensi erano tutti occupati dalla forza attrattiva appena nata tra i loro corpi. Poi fu ora di andare; mise in marcia e sparì nella foschia delle mattine di campagna con il corpo saturo di piacere incastrato in ogni singola cellula come sempre le accadeva quando una passione partiva. Si rincontrarono per giorni sempre sulla medesima strada al medesimo stop; e, per giorni, le loro molecole si infiammarono mentre i loro corpi parlavano mentre le loro bocche conversavano. La passione un giorno esplose producendo una reazione nucleare a catena dentro di loro e non fu più possibile non toccarsi. Lui la invitò. Lei allora si sporse e lo baciò appassionatamente ed a lungo. Si prese tutto quello che c’era; poi gli sorrise e gli disse: “No!”. Per la prima volta da quando lo conosceva mise attenzione nel dialogo parlato e tolse tensione ai sensi; ingranò la marcia, gli sorrise di nuovo e sparì. E’ cosi che si tenne la passione intatta e non la incastrò nella loro piccolezza umana. Infatti, da quel giorno, per molto tempo in avanti, ferma a quello stop lei visse ogni singolo stato intimo che il corpo di lui aveva generato in lei, lo fece da donna libera di essere se stessa; poi la memoria sbiadì e lei lo dimenticò, ma continuò a serbare dentro di se’ una traccia incarnata del loro desiderio.

Forza

Guardati donna e assapora la tua forza. Imperturbabile recidi di spada i respiri morti. La tua femminilità sensuale si pianta su piedi guerrieri e affonda di petto ciò che ti insozza la vita. Sputi il boccone marcio e, immobile, lo guardi cadere per terra e spiattellarsi. Poi alzi gli occhi all’orizzonte e torni dolce a te stessa. Guardati donna e assapora la tua forza.

Sederi

Questa è una storia di sederi che è avvenuta l’altra sera sotto ai miei occhi. Il sedere protagonista era un sedere giovane rotondo, sodo, rialzato e staccato. Un sedere da fossetta in fondo alla schiena per intenderci. L’altro sedere era a lui genitore. Era senza soluzione di continuità tra schiena e coscia se lo guardavi da dietro, e pure senza soluzione di continuità tra pancia e fianco se lo guardavi dal lato. Per il resto erano identici, chiunque ne avrebbe stabilito la progenie. Il sedere giovane era agghindato in un succinto costume nero, non un tanga, ma un costume sapientemente fatto per infilarsi tra le natiche e mostrarne le singole rotondità. Il sedere madre invece era coperto da una mutanda larga e alta che metteva in evidenza tutto ciò che gli anni di pastasciutte hanno reso uniformemente informe. Eppure quei due sederi erano identici. Nel sedere sformato era iscritto il sedere rotondo e staccato e se fosse stato possibile circoscrivere il sedere figlia con il sedere madre, quest’ultimo lo avrebbe ricompreso al millimetro. Mentre il sedere giovane non riusciva a stare fermo su quell’asciugamano steso; infatti era un continuo girarsi, alzarsi, camminare, e sculettare; il sedere madre si alzava solo per provata necessità mostrando a chiunque cosa significhi in fisica la fissità. Ogni tanto i due sederi si affiancavano per parlarsi; durante uno di questi dialoghi il mio occhio ha notato l’evoluzione che il tempo ha imposto al sedere attempato e non ho potuto non esprimere il fatto che anni addietro il sedere fisso sarà stato anch’egli un bel sedere rialzato e distaccato e che probabilmente tra qualche anno il bel sedere rialzato e distaccato godrà della magnifica immobilità tronchea nel corpo di donna ormai adulta. E’ il corso della storia riferito ai sederi. Ho pensato che tra quei mondi rotondi si raccogliesse infatti la distanza della fiducia totale e assoluta nel proprio futuro e la rassegnazione che quel che si ha avuto si ha avuto; dell’idea di eterna giovinezza e della consapevolezza di essere nella parabola discendente della propria vita. Tra quei due sederi però era anche scritta la rinuncia che risolve la vita in una tavola apparecchiata e le serate davanti alla televisione. In quelle due curve tonde ho letto la storia comune a molti di ciò che è stato e che sarà. Allora ho deciso di andare a sbirciare il mio sedere per vedere se racconta la medesima evoluzione. Ma sappiate, se viene voglia di farlo anche a voi, che è tabù parlare in pubblico di sederi di donne.

Fata Fuoco si è ammalata

Fata Fuoco si e’ ammalata. Ha preso un male umano. Se ne e’ accorta un giorno incendiando un campo di tulipani. Si e’ sentita pesante che quasi cadeva dal cielo. L’occhio di Fata ha allora guardato dentro il suo corpo umano ed il verdetto fu presto fatto. Quando le Fate si ammalano di mali umani la cosa rara e’ che ciò che e’ dentro di loro diventa piu’ grande. Fata Fuoco era profondamente felice incendiando quel campo rosso, giallo e marrone; si sentiva libera e bella. Tutto ciò e’ stato cosi’ ampliato dal male umano e lei ora si trova a volare piu’ potente di prima anche se ogni tanto cade dal cielo per via del male e deve con attenzione evitare di finire bruciata dal proprio fuoco. Fata Aria passando per caso di fianco a Fata Fuoco ha sentito vibrare le proprie ali e cosi’ ha capito cosa capitava all’amica. Allora Aria si e’ messa a sbuffare per spegnere il fuoco fatato e lasciare che l’amica malata potesse cadere senza bruciare. Volete sapere delle altre Fate? Valisi e’ lontana dal mondo fatato, forse si e’ persa e Fata Acqua non vola piu’ presa com’è dal suo amore umano. Fata Vulcano, che e’ la piu’ giovane, non ama vedere bruciare nel proprio fuoco la Fata malata e cosi’ reagisce ruggendo e roboando tanto forte che l’altra sera ha spento il cielo di tre città oscurandolo di lacrime nere. Le Fate più esperte, invece, sanno che il corpo umano ammalato andrà aggiustato e per quello ci vorrà tempo, loro intanto, a notte fonda, si troveranno velate e agghindate per festeggiare lo stato nuovo di Fata Fuoco che sprizza amore, bellezza e felicità in cascata tanto ne e’ piena. Quando ciò accade e’ un poco Natale nel mondo di carne perché’ ognuno riceve in regalo quell’acqua fatata e diventa un poco piu’ se’. Se tu umano vorrai poi guardare ai piedi di quella cascata ti accorgerai che un’ Ortensia e’ fiorita.

Chemio

Davanti all’abisso stanno le amiche schierate. Amazzoni guardiane. Lanciano dardi infuocati per facilitarmi la discesa alla vita. Io mi giro, sorrido e vado.

Cancro

La mia carne e’ piatto della furia nera. Mi divora vorace e incontinente. Ma di Achille l’animale porta il tallone; là, incastrata tra le sue carie, ha una perla bianca. Virile e’ la tua mano seduta al fianco della mia fragilità. Io entro nei tuoi occhi mi stendo e dormo. Il mostro non sa usare gli stuzzicadenti ….