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San Gallo

Era la regina di San Gallo indietro indietro nella sua infanzia, non la principessa che è cosa da bambine belline, lei ne era il re al femminile. Ancora la donna ricorda le corse spensierate su al Dosso del Grillo per accompagnare passo a passo la calata mattutina del sole verso la sua collina. È così che assicurava la luce al popolo sbarbato, scortandola in regale processione, un passo lasciato nelle tenebre e l’altro fatto nel giorno appena spuntato. E le piaceva accompagnare quella linea in movimento perché era come stare a cavalcioni del creato. Si sentiva libera, lei sola all’alba nel mondo vuoto, metà buio e metà illuminato. A quei tempi i suoi genitori erano ancora padroni della sua capigliatura che infatti era corta, tagliata per essere e non certo per apparire, ma il mondo racchiuso in quella valle, là dove i condannati passavano l’ultima notte di vita, apparteneva solo a lei e alla sua spensieratezza con la quale creava avventure per la comunità bambina che passava l’estate tra la collina ed il boschetto. Ogni elemento della natura si trasformava ai suoi occhi in occasione. E così trascinava la masnada di ragazzini a combattere le guerre della fantasia tra le trincee della collina per arrivare a sera saturi di schermaglie e paci con le guance rosee di vita. Oppure trasformava le cime degli alberi in comodi letti ove il suo popolo bambino potesse riposare nascosto agli occhi e ai pensieri dei genitori. Oppure ancora rendeva i grandi massi casse del supermercato ed i fili d’erba monete affinchè la sua parte femmina potesse divertirsi. Le spedizioni all’Adda, terra vietata, erano poi una prova richiesta a quel popolo bambino, così come le incursioni al cimitero per resistere, soli, alla vista delle fiammelle e poi tornare vincenti e cresciuti dagli altri. Tre gradini lei aveva per trono ai piedi della collina; lì decideva le sorti della giornata e lì chiudeva le serate d’estate; prima ad arrivare, ultima ad andare. Sì era il suo mondo e di null’altro aveva bisogno perché quello era un universo di meraviglie per i suoi occhi ancora bambini. Poi crebbe.

Odori

Ricordo quando bambina correvo libera nei campi che sapevano di fiore. Era un passo camminato per sempre, che allora si chiamava spensieratezza. A volte mi colpisce una vista o un odore ed io mi ritrovo per un attimo a snodare l’oggi beata come nella mia infanzia.

A mio figlio

Era Ottobre quando sei nato; io ti ho alzato, di poche ore, ai venti ed ho chiesto all’Est illuminazione, al Sud coraggio, all’Ovest riconoscenza, al Nord creativita’. Volevo che tu crescessi nell’abbondanza di noi, ma non e’ stato. Tu sei uno di molti per cui va bene uguale. Sei cresciuto nei contrari e hai imparato per contrappunto. La completezza e’ nata dalla frammentazione, l’unione dalla separazione, l’amore dal disincanto, l’abbondanza e’ venuta dall’assenza. Non cosi doveva essere, ti era dovuta una fanciullezza sazia e completa e protetta; ti e’ stata invece consegnata carta copiativa per trasformare, tu bambino, questo mondo di adulti irrisolti nella tua maturita’. E tu lo hai fatto; hai eseguito il tuo compito come solo un figlio innamorato dei suoi genitori sa fare. Io sono cosi’ fiera di te.