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via Sirtori 4

E’ piu’ forte di me; ogni volta che passo alzo gli occhi verso quelle finestre.
Queste erano state le parole della sua amica.
Uno sguardo durato circa quarant’anni.
Uno sguardo lunghissimo.
Ma Lei la sapeva un’azione possibile. Anche i suoi occhi, fermi al semaforo, si alzavano ed andavano la’; poi scendevano di due piani lasciandosi andare a dolci ricordi prima di ripartire.
Un movimento durato quarant’anni che non aveva saputo smettere.
Per tutte accadeva una volta all’anno, il giorno piu’ aspettato dall’intera classe. Rimasto nel cuore di ognuna. Simbolo di un’eta’ andata, ma non dimenticata; superata, ma ancora amata.
Un giorno fuori dagli altri, senza regole o controlli, scadenzato dal battito della batteria che risuonava facendo muovere tutti quei minuscoli piedi al ritmo di un Twist o di un Alligalli.
E poi le risa, le corse, i regali, tutti quei diari luchettati che mai si sarebbero riempiti di parole, arrivati in magnifici pacchetti colorati con biglietti dalle frasi piu’ strane guardati poi come tesori. I diari si erano persi, ma i biglietti giacevano ancora in qualche scatola dimenticata.
Era la festa del suo compleanno. L’intera classe riunita fuori da scuola. Niente regole, nessuno sguardo giudicante. Solo loro ed il loro mondo dove realtà e fantasia ancora non si erano scisse.
C’erano anche i maschi! Due. I suoi cugini. Due maschi in un universo di femmine.
Undici ne avevano festaggiati al ritmo della batteria. Valevano quello sguardo durato quaran’anni? Pareva di si’.
Lei alzava gli occhi al calore della casa della sua infanzia, al ricordo dei suoi nonni, ma tutte le altre alzavano gli occhi al momento di una festa, di una classe, di un tempo andato rimasto indelebile.
Ora vivo solamente nell’attimo di quel semaforo rosso e nel nome di una via: via Sirtori 4.

L’albero di Melograno

La tua tonda chioma, a giardino d’infanzia, abita la mia memoria.
Dietro al cancelletto sbuffi di carne arancione macchiano a fresco l’aria torrida del meriggio lontano,
ma sono le tue caduche impronte sul terreno che io calpesto nel luogo del ricordo.
Fiore sempre amato,
giace il mio pensiero sotto ai tuoi rami dove i volti familiari il tempo riguarda. E mi riposo immacolata.

Ancora oggi, presente ai miei occhi, tu mi parli del tempo felice che non so più incontrare,
bosco cresciuto in sull’aiuola ove cani erranti corrompono la noia della città bordata.
Io cammino la terra arida ove ristagna il desiderio e ripenso il tempo in cui la tua ombra verde allungava in me frescura.
Fiore sempre amato,
regali la tua abbondanza al tempo avaro e stai mentre il resto va.