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L’angelo dell’Amore

L’aveva incontrato solo una volta; Lui era intento a fare ciò che doveva fare curvo sul suo lavoro quotidiano senza badare a chi o cosa gli stesse passando accanto. Anche Lei era intenta nella sua vita e passò a fianco a quel giovane uomo accoccolato con la leggerezza della giovinezza. Solo una volta oltrepassato Lei lo sentì. Era come una forza che imponeva al suo corpo di voltarsi; si arrese e si voltò proprio mentre lui alzava gli occhi nella sua direzione. Si guardarono senza vedersi veramente; uno sguardo che parlava più ad ognuno di se stesso che dell’altro. Lei ne rimase sconvolta. Non si era solo girata, gli aveva regalato la sua anima e quasi certamente il suo corpo.

Poi era capitato di incontrarsi e scambiare anche qualche parola, ma un senso di bizzarro era cresciuto in Lei perché, essendo estranei, si parlavano da estranei, ma, dentro di sé, Lei non riusciva a percepire la differenza tra il proprio corpo e quello di Lui. Era come se la realtà scomparisse per lasciare emergere un mondo fatto solo di loro due. Il dentro era l’opposto del fuori e Lei ci stava seduta in mezzo. Era difficilissimo. Che fare? Ci pensò la vita: troppo diversi non si incontrarono quasi più.

Ma la loro storia non finì lì. Perché smisero di incontrarsi di persona ed iniziarono a frequentarsi la notte in sogni ove non parlavano la lingua del sonno; il loro vocabolario apparteneva alla vita. Qui si incontrarono di nuovo una prima volta, ponendo molta attenzione l’uno nell’altra; si regalarono il tempo di conoscersi reciprocamente e piacersi per mille motivi, non sempre logici; chiacchierarono di mille cose senza che le differenze tra loro riuscissero a recidere ciò che era nato da uno sguardo non dato. Lui la andava a trovare presto la mattina e le si sdraiava accanto svegliandola con gentilezza; oppure la trascinava via da quel letto quando ancora non si era addormentata per portala in posti mai visti prima, ma ormai familiari ad entrambi in quel sonno vissuto.

Nel sonno si amarono fisicamente molte volte regalandosi sensazioni sconosciute o conosciute; assieme arrivarono a fondersi nel piacere senza mai sentire il desiderio di dover chiudere gli occhi perché quegli occhi erano già chiusi. C’erano solo loro due senza la vita vera; quella ove certe cose non avvengono mai. Lì tutto avveniva ed anche di più in un rincorrersi di felicità che durava semplicemente il tempo del sogno. Poi Lui volava via portato da bellissime ali bianche salutandola con un bacio senza tempo; Lei lo guardava allontanarsi con una luce nuova negli occhi.

Nella realtà, fuori dal sogno, capitò che si incontrassero ancora; sempre estranei si trattavano con una familiarità rara forse consci entrambi che nel mondo ove l’astro maggiore non è il sole la loro era un’altra storia.

Fantasmi

Fantasmi mi siedono al lato, salda compagnia di prua mentre scruto, con il pensiero assente, questo mare incellofanato.
Come il pilota automatico porta la sua barca, così io vago nel mio blu.
La tua mano invisibile accarezza i capelli al vento e si incastra nei nodi. Intrappolato sei ai miei meandri mentre accendi e spegni un sorriso lontano.
Ti blocchi inconsapevole sull’intuizione che fu:
Forse che Lei…

Gioia

La lunga giornata di lavoro l’aveva addormentata di un sonno buio, uno di quelli vuoti che non conoscono messaggi ne’ desideri. Era emersa da quello stato di incoscienza perché qualcosa dentro di Lei l’aveva di colpo spinta verso l’alto dandole una gran botta sul cuore.
Le servirono alcuni secondi per tornare in se’. “Son morta? Son viva? Chi sono?” Non vi fu risposta ad alcuna di queste domande. Si prese allora qualche altro secondo per frugare nella sua mente e cercare di trovare qualche certezza mentre tentava di alzarsi, ma niente.
Quel nulla la spaventò così tanto che una scarica di adrenalina iniziò a farla tremare tutta. Ascoltò il suo tremito sperando portasse chiarezza ai pensieri. Nessun pensiero ancora, però sentì che nel suo corpo una serena felicità’ aveva preso il posto del tremito.
“Perché sono così felice?”
Le pareva che una gioia nuova avesse invaso ogni sua cellula. Un senso di soddisfazione nato fuori dall’ordinario aveva occupato ogni suo interstizio libero.
“Bene se sono felice son viva!”, almeno una domanda aveva avuto risposta!
“La botta al cuore”, si disse, “forse non è stata altro che il venire al mondo di questa strana felicità”.
“Ahh penso anche!” pensò.
“ Ma perché sono così felice?”
Fu il cuore a risponderle dicendole che la causa di tanta serenità era stata quella scelta. Una decisione sulla sua vita presa nei giorni addietro che non era nata dal bisogno o dall’occorrenza, no era nata dal semplice voler fare perché era da farsi; perché in quella scelta la sua vita le avrebbe aderito addosso come un tubino stretto segnando le sue forme.
Pensò che questa fosse la prima decisione libera della sua vita, l’unica, fino ad allora, capace di spingere la propria esistenza là dove Lei voleva.
Un tassello verso il giusto.
Ecco ora le era tornato alla mente anche il suo nome e con lui tutto il suo vivere.
Finì di sollevarsi e andò in cucina a prepararsi un panino.

Sognando Andrea

Entrarono dalla porta di legno impiallacciato, una di quelle che non hanno né arte né parte e che puoi comprare in un qualsiasi grande magazzino. Quella era la sua casa e lui ne andava fiero; si vedeva dall’espressione del viso dell’ uomo basso e tarchiatello. Lei si trovò immersa in uno spazio verde tirato a grassello. Il verde pisello, venato di bianco e grigio, ricopriva ogni parete e ogni soffitto dell’appartamento e con la sua sostanza di campi e natura faceva a pugni con la dimensione dei locali, piccoli buchi attaccati ad un corridoio che girava buio intorno a qualcosa che non apparteneva al appartamento. La cosa le stonava, lei non capiva come lui avesse potuto scegliere uno spazio del genere per vivere e quindi colorarlo così di libertà. Non le tornavano i conti. Poi ci pensò, lui appariva giovane, anche se nel suo cuore lei lo sapeva suo coetaneo; così quella, forse, era stata una scelta economica obbligata data la sua età ancora croccante. Mentre lei cercava di appiattire l’incongruità, lui si perse a fare cose, distratto da tutti i suoi ospiti e lei continuò a girare per quella piccolissima casa, sola con la sua sensazione di soffocamento. Oppressa da tanta strettezza, constatò che lui era gentile con lei, particolarmente gentile. Lui vegliava su di lei; infatti qualsiasi cosa lui stesse facendo od ovunque lui fosse, lei si sentiva nel suo campo visivo. Che sensazione gradevole era! Pensò che ciò fosse dovuto al fatto che nonostante i trent’anni di lui, loro fossero amici da almeno cinquanta e cinquant’anni di amicizia portano a comportamenti del genere, ma non volle andare oltre con quel pensiero per via di quella piccola differenza di vent’anni non proprio canonica. Così continuò a perdersi nel verde pisello strizzato dall’angusto spazio, girò un angolo e si trovò davanti al suo albero di Natale. Lo aveva costruito usando alcuni tavolini bianchi a forma di quadrifoglio impilati con gli steli uno sull’altro che aveva poi posato su un normale tavolo bianco con le quattro gambe di legno. Ogni petalo dei quadrifogli risvoltava verso il basso; su ogni petalo lui aveva accomodato una serie di addobbi natalizi; così, chi guardava vedeva il petalo delle palline, quello degli orsetti, quello dei festoni, degli angeli bianchi e degli angeli dorati. Sembrava tutto appoggiato, quasi abbandonato per essere poi riordinato. Gli steli dei tavolini a quadrifoglio giravano sul tavolo sottostante e, ruotando, i petali si abbassavano ulteriormente e gli addobbi rotolavano verso il basso senza mai però cadere oltre il bordo. L’effetto era bellissimo. Lei volle toccare un petalo disequilibrando il movimento e si ritrovò con un orsetto blu in mano, che frettolosamente cercò di riporre al suo posto mentre l’albero continuava a girare. In quel momento lui sbucò da un locale attiguo e le disse: “ Ti preparo da mangiare una minestra.” Lei gli sorrise e scusandosi gli disse che non era digiuna, ma sazia per la cena già consumata. Gli occhi di lui si illuminarono, e lei ne fu confusa, perché non capiva. Poi lui le disse: “ Bene perché a me non piace la minestra. Allora ora posso mangiare alla mia maniera.” Poi rise, le strizzò l’occhio ed andò in sala, che era pure piccola piccola. Lì un grosso tavolo rotondo troneggiava attaccato ad un frigorifero dalle dimensioni impressionanti. Lei lo seguì e quando vide l’ambiente non pensò tanto alla stranezza delle dimensioni degli oggetti, quanto al perché lui tenesse il frigorifero in soggiorno e non in cucina. Lui le fu al fianco ed aprì il frigorifero chiacchierando tranquillamente. Tirò fuori un vassoio Liberty di circa un metro e venti di diametro ove erano sistemati piatti e zuppiere coordinati pieni dei più disparati cibi. I colori dei cibi giocavano con tutti i riccioli dorati e sforacchiati della ceramica. Lei strabuzzò mentre il vassoio risposto sul tavolo lo occupò completamente. Lei ancora guardò incredula; … che oggetto meraviglioso era quello. Proveniente da un’altra era, appoggiato nel anno duemiladiciasette creava una frattura di tempo e spazio sorprendente da vivere. Col suo sorriso sempre ben stampato in viso, lui si sedette, ruotò il vassoio, e scelse il cibo da ingurgitare, prese il piatto e se lo piazzò in grembo. Toccò ad un hamburger con insalata e pomodori. Poi le disse: “ Così posso sempre scegliere cosa mangiare.” Lei gli sorrise indietro affascinata da tante stranezze. Mentre lui mangiava, fu attratta da alcuni documenti che riguardavano la sua propria vita e che erano arrivati a lui probabilmente a causa del suo lavoro. Nel suo cuore, infatti, lo sapeva avvocato. Con lo sguardo gli chiese se poteva darci un occhiata, lui le disse: “ Solo perché sei tu.” Venne ora di uscire. Lui le appoggiò un braccio sulla schiena e la accompagnò dolcemente attraverso una porta scorrevole. Così lei si ritrovò con lui in un montacarichi che saliva lento al piano di sopra. Lì attraversarono due ambienti, piccoli pure loro, la camera di lui e una specie di studiolo, entrambi disordinatissimi, e poi si ritrovarono di nuovo davanti alla porta di legno impiallacciato, quella che non ha né arte né parte e che puoi comprare in un qualsiasi grande magazzino. Uscirono. Lei nel suo intimo si chiese: “ Ma entrando la casa non era tutta su un piano? perché ora, uscendo, aveva invece due piani? ” Lui parve non dare importanza a questa piccola diversità. Forse, entrando ed uscendo spesso, ci si era abituato. Lei lo guardò di nuovo e fece un ultima riflessione: “ E pensare che quest’uomo per lavoro fa il soldato ….”.
Poi fu la notte….forse normale.