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Stanchezza

Era Marzo, o forse Novembre quando tutte quelle orme di vita che le riempivano la testa e traboccavano dai pensieri nei suoi racconti si fecero bianche e poi trasparenti.
Forse il lock down le aveva spente; oppure le lunghe ore di studio avevano trasformato la fertilità in aridità; oppure era solo Lei troppo stanca anche per sentire la vita.
Di nuovo la bestia nera l’aveva aggredita, di nuovo Lei aveva reagito normalizzando la malattia a uno dei mille impegni di vita, di nuovo aveva pareggiato i conti con quell’animale, ma il costo era stato altissimo: aveva dovuto sacrificare il suo Mondo Altro per salvare il suo Mondo Reale.
Avrebbe voluto scrivere, ma non sentiva e se sentiva non aveva la forza di trasformare l’intuizione in parole e tutto scappava.
Così si tacque, sperando, una volta smessa la cattività, che la vita tornasse a Lei e, soprattutto, Lei alla vita.
Non era stato tempo perso, nel silenzio di parole erano nati un capannone industriale, due appartamenti e una struttura sportiva… disegni, ipotesi di vita e poi forme concrete, lavoro, sudore, costi e burocrazia; ma Lei camminava dentro a tutto questo come si cammina lungo una via commerciale guardando una vetrina e poi guardando di nuovo un po’ più in là un’altra vetrina.
Poi arrivò Marzo, questo sicuramente era Marzo; le furono regalate una straboccante pianta di Gerani cadenti ed una macchina da cucire. La prima finì sul terrazzo in un vaso bianco che si accende di luce la notte quando il buio spegne i Gerani. L’altra finì dietro alla scrivania nel suo studio.
Con la macchina da cucire arrivarono le stoffe dipinte di mille colori e Lei iniziò a sentire quei colori come sentiva le parole prima dei testi ed il foglio bianco prima dell’Architettura.
Forse che il suo Mondo Altro volesse colloquiare con Lei in modo diverso? Forse le Parole lo avevano chiuso in una forma troppo stretta e l’Architettura stessa era divenuta troppo piccola?
Lui voleva spazio, così la zittì e se lo prese appoggiando le sue mani sulle stoffe.
Allora Lei iniziò a tagliare le pezze in pezzi, le ricompose, le stirò e le ricucì.
Cucendo quelle forme e quei colori ricucì se stessa.
Le pezze cucite divennero il colore, come le parole erano il suono e l’architettura la forma del suo Senza Limite.
Eccolo di nuovo il Mondo Altro!
Amore scalzò Stanchezza
Mondo Altro sfamò Mondo Reale.
Lei si disse: “Io ci sono” e poi si addormentò.

occhi

Ho visto i tuoi occhi
riflessi umidi di fatica.
Dove sei finita vita?
Poi accendi un sorriso
imbiancato di vecchiaia 
e io ti riconosco.
Tu sei me.

Stanchezza

Immobile la foglia cala nel mondo chiuso, ma non risuona.
Poi, un refolo di vento la smozzica in parti spingendola tra le voci del mondo.
Così oggi riposa adagiata dentro a quel pentagramma che s’accende in sacra sinfonia.
Lei, tra le note, vola via, piccolo punto nero.