Telefonata

La giovane donna era impegnata in una telefonata di lavoro. Il suo collega, dall’altro capo del cellulare, aveva trascinato la conversazione in noiose giustificazioni per cercare di ottenere da lei un autorizzazione che non poteva essere data. Come era solito fare, lui la stava letteralmente investendo di parole; lei normalmente lo ascoltava e partecipava al dialogo perché, oltre il puro passaggio delle necessarie informazioni c’era per lei anche il piacere di ascoltare una voce monotona e cadenzata che aveva la capacità di rilassarla. C’era nascosto nel dialogo di lavoro il puro piacere umano di correre dietro a una voce conosciuta. Ma non questa volta! La conversazione era diventata un monologo perché lei era scivolata via. Mentre lui elencava mille difficoltà, il pensiero di lei era rimbalzato contro un decolté che il giorno prima aveva catturato il suo sguardo e che ora tornava imponente ai suoi sensi. Di colpo quelle rotondità in parte nascoste allo sguardo dentro ad un reggiseno mal celato erano venute a riempirla di sensazioni. Lei era tornata ad accarezzarle con gli occhi, come aveva fatto il giorno prima; ma dietro agli occhi, forse cullata dalla monotonia di lui, si era acceso forte il desiderio di bello e lei aveva preso ad accarezzare quel seno con tutto il suo corpo. Il bello è anche una sensazione tattile e non si può goderne senza toccare. Non era un seno grande, ma il corpo ossuto lo rendeva estremamente rotondo agli occhi e florido alle mani. Stava appoggiato al reggiseno come un braccio teso oltre il balcone che cerca di afferrare un albicocca dall’alberello che per la prima volta ha reso feconda la propria fertilità. Quel seno era uguale, tutto proteso in fuori a cercare occhi con cui fare l’amore. Gli occhi di lei avevano risposto al richiamo ed ora, nascosta in quella conversazione, si stava lasciando sedurre da quelle forme morbide ed esigenti. Si ritrovò ad accarezzare con le labbra le vene rosee che lo segnavano in superficie come una mano che contiene un mondo rotondo e che non lo concede. Lei chiese di poter entrare nel piacere che solo un corpo femminile sa nutrire. Ci entrò e si saziò di quelle forme che si concedevano inarcandosi e diventando più grandi. Bevve di loro poggiando le sue labbra su quei capezzoli che parevano piccole giuggiole rosse appena spuntate. Si appagò sentendosi addosso quei seni che si muovevano portati dal respiro di un corpo non voluto. La sensazione di bello era così vivida che il suo stesso corpo reagì come era abituato a reagire al tocco delle mani di un uomo. Lei si perse in un orgasmo mentale e fisico che l’aveva spinta in un mondo lontano, da dove era difficile tornare perché significava doversi ricomporre, irrigidirsi e vestirsi. Rimase là, libera e nuda, a sentire la bellezza del suo corpo che rispondeva al tocco di quel seno gonfio di piacere contraendosi ed espandendosi oltre ogni confine. Perse il controllo della respirazione, delle parole, non c’era più nulla se non le sue reazioni ed era bello. Tutto era immensamente bello e pieno. Ogni singola sensazione nata e provata le diceva che lei era donna, profondamente donna.
Lui continuava nel suo monologo, a darle ragioni e spiegazioni per portarla là dove avrebbe voluto. Oh ignaro contenitore sonoro di un orgasmo di donna, lui parlava, ma lei non c’era più.